Johan Cruijff, il profeta che ha cambiato per sempre il gioco del calcio

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Il periodo a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70 è un periodo ricco di rivoluzioni: sono gli anni di Martin Luther King, dei Beatles e di Nixon presidente degli Stati Uniti, ma per gli sportivi saranno per sempre gli anni di Henrick Johannes, per tutti Johan, Cruijff. Come già detto per Ronaldo, il fenomeno ovviamente, ci sono personaggi che vanno oltre la disciplina che praticano. Questa è l’abilità di quelle persone che trascendono lo sport o la materia che praticano e condizionano la vita delle persone. E’ questo il caso del nostro protagonista. Il calciatore europeo più forte di sempre.

Johan Cruijff con la sua immancabile sigaretta
Johan Cruijff con la sua immancabile sigaretta

Gli Albori di un fuoriclasse

Nasce ad Amsterdam il 25 aprile del 1947 e muove i suoi primi passi nel mondo del calcio in strada. Per tutta la sua carriera sia da calciatore che da allenatore, ha ribadito l’importanza di imparare in strada perché solo lì si impara a non cadere e quindi ad evitare i contatti con gli avversari, perché se cadi sai che ti farai molto male. Entra nelle giovanili dell’Ajax a dieci anni e dopo la morte prematura del padre, che di mestiere faceva il commerciante di frutta, ottiene un lavoro per la madre, la quale sarebbe stata la responsabile delle pulizie dello stadio e commessa nel bar della società.

Ormai tutta la famiglia Cruijff viveva praticamente 24 ore su 24 allo stadio ‘De Meer’. A 17 anni fa il suo esordio in Eredivisie contro il Groningen e la settimana dopo realizza il suo primo gol da professionista nel 5-0 rifilato al PSV Eindhoven. L’allenatore dell’epoca Vic Buckingham intravede il talento di Johan ma comprende le sue difficoltà fisiche, è troppo gracile e in più ha i piedi piatti e le caviglie deformi. Prepara per lui allenamenti specifici con pesi posizionati sulla tuta per sviluppare così più velocemente la sua muscolatura. L’anno successivo l’Ajax entra in un periodo non facile, è molto vicina alla zona retrocessione e dopo una brutta sconfitta nel Klassiker contro il Feyenoord, Buckingham viene esonerato.

Un giovanissimo Johan Cruijff in azione
Un giovanissimo Johan Cruijff in azione

“Questo si chiama calcio totale perchè nessuno ha mai giocato così”

Nel 1965 alla guida dei lancieri viene scelto un ex attaccante proprio dell’Ajax, Rinus Michels e mai scelta si rivelò più esatta. Sotto la sua guida l’Ajax vola e propone un calcio mai visto prima con Johan punta di diamante e fuoriclasse di quella squadra. Le regole sono: correre tutti insieme, linea difensiva alta e conseguente recupero alto di palla ma soprattutto flessibilità dei ruoli. Gli allenamenti non venivano più suddivisi per ruoli o per posizioni in campo ma venivano svolti tutti insieme perché tutti e gli 11 in campo si sarebbero trovati ad affrontare tutte le situazioni e tutti dovevano essere in grado di fare tutto. In poche parole iniziava l’era del calcio totale, che già anticipava ciò che vediamo al giorno d’oggi.

In otto anni quell’Ajax vince 6 campionati, 4 coppe d’Olanda, 3 Coppe dei Campioni disputando 4 finali e un Coppa Intercontinentale. Una vera e propria macchina da gol. Cruijff diventa il primo giocatore ad aggiudicarsi 3 palloni d’oro consecutivi. Sapeva fare tutto. Il suo ruolo? Tuttocampista. Lo trovavi a centrocampo a smistare palloni, in difesa a far partire l’azione, sulla fascia a dribblare e in area di rigore a buttarla dentro anche di testa. Era completamente ambidestro e con una velocità di partenza spaventosa. “Guardate che voi scambiate la velocità che mi attribuite con un’altra cosa. Se io parto con un secondo di anticipo, parto perché sono intuitivo, non veloce”. Così si definiva Johan, un intuitivo, e come dargli torto.

Johan Cruijff riceve il Pallone d'oro
Johan Cruijff riceve il Pallone d’oro

Arancia meccanica e la Catalunya

Johan è sempre stato, oltre che un fuoriclasse, anche una persona abbastanza spigolosa. Sapeva quanto valeva e siccome valeva tanto, si faceva pagare tanto. E’ stato il primo calciatore azienda, talmente ricercato a livello di sponsorizzazione che gli arcinemici dell’Adidas e della Puma dovettero venirsi incontro e trovare un accordo comune. Nel mondiale del 1974, quello della squadra ribattezzata Arancia Meccanica, una sorta di Ajax 2.0, Johan era sponsorizzato dalla Puma mentre la nazionale olandese dall’Adidas. I due colossi dovettero trovare una soluzione. Johan deve indossare una maglia speciale. Tutta la squadra aveva sulla spalle le classiche tre strisce che caratterizzano il colosso tedesco, mentre Johan ne aveva solo due. Follia per l’epoca. Nessuno era mai stato così influente, nemmeno Pelè o George Best. Quell’Olanda arriva in fondo al mondiale, arriva in finale contro i padroni di casa della Germania, passa in vantaggio grazie ad un calcio di rigore guadagnato da Cruijff e realizzato da Neskeens, ma soccombe sotto la calma e l’abnegazione dei tedeschi, diventando nell’immaginario comune la più grande perdente di sempre.

Nel 1973, quindi un anno prima del mondiale, lascia Amsterdam per trasferirsi a Barcellona. In realtà l’Ajax l’avrebbe venduto al Real, ma non è la squadra adatta a lui. Non vuole rappresentare i potenti, i franchisti. Sono troppo inquadrati come società e non ne vuole far parte: una sorta di decisione alla Cassano con la Juventus, con le dovute proporzioni. Opta quindi per l’altra grande di Spagna, la ribelle Barcellona che da ormai 14 anni soccombe al dominio Blanco. Lui arriva e inverte la tendenza conquistando il campionato al primo anno. Tutta la Catalunya è ai suoi piedi. La partita principe di Johan in Blaugrana è una manita rifilata al Real Madrid al Santiago Bernabeu, con Francisco Franco ancora in vita e al potere. In pratica un affronto al regime. Negli anni successivi la sua condizione atletica inizia piano piano a calare e non conquisterà più titoli in Spagna ma quello che ha lasciato va di molto oltre il campo.

Johan Cruijff con la maglia del Barcellona

U.S.A e il ritorno in patria

Come già detto, Johan era diventato una macchina da soldi e fu tra i primi a tentare la fortuna nel nuovo calcio americano. Rimane lì 3 anni, in compagnia di Pelè, Beckenbauer e Carlos Alberto senza mai dare l’impressione di impegnarsi più di tanto, anzi. Dopo 3 anni utili a risollevare le sua casse torna in patria, dove ad aspettarlo a braccia aperte c’è il suo Ajax. È il 1981 e in due anni realizzerà 16 gol in 46 presenze vincendo altri due campionati e una Coppa d’Olanda, formando e istruendo le nuove leve dell’Ajax, dei ragazzini che rispondevano ai nomi di Frank Rijkaard e Marco Van Basten.

Al terzo anno si sente scaricato dalla società che non vuole rinnovargli il contratto, il nuovo presidente non lo ama e non è difficile capirne il motivo. Johan è un accentratore, tutto doveva passare per lui, o così o niente. Quando è tornato ha preteso che ogni fiorino incassato dalla società dopo lo spettatore numero 15 mila gli spettasse di diritto. Potrebbe ritirarsi, certo, ma la sua mente “diabolica” gli suggerisce un altro piano. Firma per il Feyenoord, i rivali storici dell’Ajax e nel suo unico anno vince il campionato olandese prendendosi un’incredibile rivincita.

Johan Cruijff e Pep Guardiola
Johan Cruijff e Pep Guardiola

Il rivoluzionario

Una volta appesi gli scarpini al chiodo era inevitabile un suo passaggio in panchina. Era un allenatore già in campo, l’unica differenza è che ora non indossa più scarpini e parastinchi. In panchina mette in atto gli stessi principi che hanno contraddistinto la sua carriera. A Barcellona conquista la prima storica Coppa dei Campioni, nonché l’ultima perché dalla stagione successiva diventerà Uefa Champions League. Da giocatore prima e da allenatore poi, ha educato il Camp Nou, ha influenzato il gusto degli spettatori con una sorta di testamento ideologico, tanto è vero che oggi da quelle parti è impensabile vincere senza proporre bel calcio. Anche nell’Ajax accade la stessa cosa: ancora oggi tutte le formazioni della società, dalle giovanili alla prima squadra giocano con il suo 4-3-3 e non è un consiglio ma un ordine. C’è stato un calcio prima e un calcio dopo Johan Cruijff.

Ha fatto la rivoluzione e i segni si vedono ancora oggi. Guardiola non ha mai nascosto la sua venerazione verso l’olandese. Da giocatore era il suo mediano, ora il predicatore del calcio totale. Aveva l’arroganza e la vanità dell’artista. “Giocare a calcio è semplice ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile che esista”. Il calcio prima di lui non era brutto, era diverso. C’era il Real di Di Stefano, il Milan di Rivera o il Benfica di Eusebio, senza dimenticare la follia di Best. Poi all’improvviso è arrivato Johan, “Pitagora in scarpe da calcio”. Una forza della natura. Molto di quello che vediamo oggi nel rettangolo verde lo dobbiamo a lui. Probabilmente l’uomo che più ha influenzato lo sport che vediamo oggi, un messia, un profeta del gol.

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