Tyrell Terry, amare uno sport fino a odiarlo

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Ansia, attacchi di panico, insofferenza e malessere, questi fattori hanno portato Tyrell Terry ad abbandonare il basket. A soli 22 anni, l’ormai ex promessa dell’NBA ha detto stop. Troppe pressioni psicologico-mentali. Dall’amore all’odio per lo sport. Sempre più atleti dichiarano sofferenze, attacchi di panico e ansie per competere ad alti livelli.

Tyrell Terry
Tyrell Terry in azione con la casacca di Dallas

Tyrell Terry: esordi, NBA e poi l’odio per il basket

La scena si apre così. Draft NBA 2020, sei uno dei talenti più peculiari venuto fuori dal campionato dei college americani. Ti preannunciano nella top 15 delle chiamate, ma per incroci di mercato scendi alla 31esima. Chi se ne frega, l’importante che sei in NBA. Sei la nuova guardia di Dallas. Il sogno che avevi fin da bambino si è realizzato, ma presto diventerà un incubo. Questo è l’incipit della storia di Tyrell Terry, ex giovane promessa della pallacanestro americana, che, a soli 22 anni, ha annunciato il ritiro. Le motivazioni? Un grave infortunio ha stroncato la sua carriera? No, tutt’altro, qualcosa di più profondo, più infimo, più difficile da combattere. Tyrell ha detto stop col basket per le troppe pressioni psicologico-mentali. Fragile e cristallino, non riusciva a reggere l’enorme ansia che provoca competere ad alti livelli. Successo, soldi, fama non sono bastati, il giovane cestista era arrivato al punto di odiare il basket.

“Lascio il gioco che mi ha fatto crescere, che ha formato la mia identità. Il basket è stato tutto per me, ma mi ha fatto anche vivere le esperienze più buie della vita. Mi stava distruggendo dentro. Avevo iniziato a disprezzarmi ed isolarmi”. Parole da brividi quelle di Tyrell, che ha poi descritto nel dettaglio gli attacchi di panico legati al competere ad alti livelli: “Svegliarsi con la nausea, far fatica a respirare e lottare contro un peso sul petto che non riuscivo più a sopportare. Ringrazio il basket per tutto quello che mi ha dato, ma non posso più andare avanti così”. Nello sport, si sa, è sempre la testa a fare la differenza. Eppure, il talento di Tyrell era cristallino, però, ha dovuto fare i conti con la fragilità mentale. Medie punti invidiabili al collage, movenze da guardia moderna in stile Curry, personalità e ottimo raggio di tiro, ma quell’amore infinito per il basket che lo aveva accompagnato fin da bambino, si era trasformato in odio e malessere. A quel punto meglio dire basta.

Tyrell Terry
La ginnasta statunitense Simone Biles in una gara prima del ritiro dallo sport

Il lato oscuro dello sport

La storia di Terry ci dice molto sul mondo dello sport ad alti livelli, dove pressioni, tensioni, ricerca della perfezione e allenamenti sfiancanti sono all’ordine del giorno. Alcuni riescono a reggere questi ritmi quasi folli, mentre altri no ed il cestista statunitense ha avuto il coraggio di dirlo, tirando fuori il suo malessere. Non è stato un debole anzi, rinunciando al successo dell’NBA, ha dimostrato coraggio e maturità scegliendo la via della serenità. Quando lo sport che ami ti assale e ti schiaccia, facendoti cadere mentalmente e psicologicamente, quello non è più amore, ma si trasforma in odio. Ne sa qualcosa Andre Agassi arrivato ad odiare lo sport che gli aveva dato tutto, il tennis, dopo le infinite pressioni del padre allenatore ed i regimi militareschi imposti dal coach Bollettieri. Per tenere questi ritmi serrati e mantenere il successo, Agassi arriverà ad odiare il tennis: “L’ho sempre odiato. Giocavo a tennis solo per vivere. Pensavo che alcol e droghe mi aiutassero a staccare da stress e ansie sportive”.

Altri sono stati i tennisti di alto livello che hanno sofferto di attacchi di panico e fragilità mentali legate al loro lavoro, come Naomi Osaka, costretta a prendersi un momento di pausa lo scorso anno. Lo stesso hanno fatto Serena Williams e Vika Azarenka. Anche in Italia abbiamo esempi di sportivi che hanno sofferto di depressione e stress da prestazione come il campione Gigi Buffon e la nuotatrice Federica Pellegrini. Entrambi hanno avuto il coraggio di raccontare le loro debolezze. Stessa cosa ha fatto un’icona del nuoto come Phelps, che raccontò: “Nonostante le medaglie, dopo ogni Olimpiade cadevo in depressione. La droga era un modo per scappare”. A soffrire di forte stress e blocchi mentali, è stata anche la ginnasta Simone Biles. Dopo aver vinto tutto tra Olimpiadi e Mondiali, lo scorso anno, durante Tokyo 2020, l’atleta USA si ritirò da tutte le gare. La forza psicologico-mentale, che l’aveva accompagnata fino a quel momento, la abbandonò. Troppe pressioni ed aspettative l’avevano schiacciata. Ad oggi la Biles non è ancora tornata a gareggiare.

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