Van der Poel, Pogacar e Vingegaard, generazione di fenomeni

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Con una prestazione monstre, Pogacar vince il Giro delle Fiandre, Vingegaard scala le montagne basche e Van der Poel è eroe nella Parigi-Roubaix. Le ‘classiche monumento’ incoronano la nuova generazione di fenomeni.

Vingegaard e Pogacar si fanno un cenno di intesa

Pogacar sei esagerato e Vingegaard ti imita

Quante emozioni ci sta regalando questa stagione ciclistica? Un’infinità. Tra Milano-Sanremo, Tirreno-Adriatica, Parigi-Nizza e Volta-Catalunya, a farla da padroni sono stati scontri titanici e duelli chilometro dopo chilometro. I grandi nomi del ciclismo sono carichi a pallettoni in vista dei mesi più caldi, quelli di Giro, Tour e Vuelta. Non c’è stato spazio per seconde linee o outsiders. In queste ‘grandi classiche’ a rubare la scena sono stati colossi come Roglic, Pogacar, Vingegaard, Van Aert, Van der Poel e ci mettiamo anche il nostro Filippo Ganna. Eroe delle ultime settimane, è stato il cannibale Tadej Poagacar, trionfatore assoluto al Giro delle Fiandre. Aldilà della mera cronaca ciclistca, il giovane sloveno è stato protagonista di una ‘classica monumento’ da incorniciare. Come nei grandi film, per realizzare un’ottima pellicola non basta un unico attore, servono anche altri interpreti. Ed ecco che entrano in scena Mathieu van der Poel e Mads Pedersen.

In terra fiamminga, infatti, i ‘tre tenori del pedale’ hanno dato vita ad uno spettacolo speciale. Per chi ama il ciclismo, era dai tempi di Gimondi-Merchx che non si vedevano duelli del genere. Stoccate a colpi di allunghi, salite divorate in un sol boccone, discese che manco Sofia Goggia. Insomma, questi rappresentanti della nuova generazione stanno restituendo credibilità, appeal e agonismo ad uno sport che, per mancanza di sponsor e passate vicende di doping, aveva perso. Se vogliamo fare i tecnici, poi, Pogacar, ad oggi, nelle classiche di un giorno non ha rivali. Quando si alza sui pedali sprigiona una superiorità esagerata. Chi lo imita, tra le montagne spagnole, è il quasi coetaneo Vingegaard. Il danese si sta preparando per difendere il titolo al Tour de France e da come mostra la sua andatura, è carico a pallettoni. Anche lui, in terra basca, insieme all’iberico Landa, ha regalato agli appassionati degli autentici duelli che sono l’essenza profonda del ciclismo. Sforzo fisico, smorfie di dolore, pedalate tenaci e passionali, sorpassi a suon di affondi. Questo vogliono vedere i tifosi.

Van der Poel
Van der Poel e i suoi colleghi in un tratto del pavé durante l’ultima Parigi-Roubaix

Van der Poel fenomeno tra i fenominei. Che fascino la Parigi-Roubaix.

Dopo scandali doping e l’ormai soprassata età dell’oro, fatta di campioni senza tempo, il ciclismo odierno sembra aver ritrovato verve, rinnovato entusiasmo agonistico e nuovi beniamini da sostenere a bordo strada o dalla tv. Tutto questo, però, tenendo sempre saldo in mano il filo-rosso della tradizione. Nonostante nuove tecnologie, bici ultramoderne, classifiche particolari e nuovi modi di assegnare i punti, lo sport da pedale mantiene sempre vivo il legame con la sua storia centenaria. Esempio perfetto di questa tendenza è la Parigi-Roubaix. Emblematica corsa di matrice francese, ha sul groppone ben 120 anni di vita. E’ la ‘classica’ che conserva meglio fascino ed eleganza ancora oggi immutati. L’iconico Velodromo di Roubaix è un qualcosa di speciale, l’attraversamento della Foresta di Arenberg richiama alla mente sensazioni bucoliche, ancestrali e quel maledetto, dannato, ma elegantissimo pavè, è il momento più atteso in assoluto.

Avanbraccio d’acciaio, presa titanica e mano che deve sopportare tremori, sobbalzi e vibrazioni quasi sismiche per 55km. Sono le ‘dodici fatiche di Ercole’? Qualcosa di simile. Per sforzo fisico e dispendio energetico, il ‘ciottolato’ francese ha pochi eguali nel ciclismo. A trionfare in questa ‘corsa degli ero’, è stato Van der Poel. Il belga si è preso la Parigi-Roubaix con una prestazione straordinaria. Attacca e affonda senza tregue, rischia di cadere, rimane in sella per miracolo, sfida e svernicia il rivale Van aert e alla fine è il ‘re del pavé’. Con questo trionfo, il 28enne chiude un cerchio ciclistico insieme alle vittorie dei suoi colleghi e conferma che questo sport è entrato, finalmente, in una nuova ‘epoca dell’oro’. La generazione di fenomeni, che tanto abbiamo atteso, dopo il ciclismo degli anni ’80 e ’90, finalmente è sbocciata. Questi campioni danno l’impressione di poter riscrivere annali e storia di uno sport che, dopo cadute e autolesionismo, ha ritrovato la forza dall’interno per rialzarsi.

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