Nato da un saggio storico, Lo Sport Imbroglione è un approfondimento sul tema del doping. L’autore è Sergio Giuntini, vice-presidente della Società Italiana di Storia dello Sport, che ne traccia le connessioni geopolitiche nelle varie epoche, da Dorando Pietri, agli inizi del secolo scorso, sino al pasticciaccio internazionale di Alex Schwazer.
Lo Sport Imbroglione e agonistico
Il doping è una degenerazione della nostra epoca, in cui a prevalere è la cultura recordista. L’agonismo sociale di massa contemporaneo ne costituisce uno dei paradigmi. Dalle prime righe de Lo sport imbroglione emerge come il doping non esiste storicamente. Nella civiltà classica era il cibo ad essere considerato doping perché l’iperalimentazione incrementava forza e potenza. Poi nell’era moderna, con l’avvento del calcolo, delle misure, del record, e ancora del capitalismo e del positivismo, tutto è cambiato. Ne deriva che la cultura attuale che basa lo sport su un’idea di agonismo è in qualche modo l’essenza del doping.
Si capisce subito quindi che si tratta di un lungo saggio storico in cui il doping si analizza sulla linea del tempo e degli eventi storici. “L’idea del libro è scaturita da un mio precedente saggio “Storia agonistica, sociale e politica dell’atletica leggera italiana” (2017) all’interno del quale mi ero occupato anche del tema doping. In questo lavoro ho ritenuto doveroso approfondirlo, su una scala più ampia, analizzando in particolare dai primi del ‘900 a oggi i suoi effetti in Italia su tre discipline: la stessa atletica leggera, il ciclismo e il calcio.” Si parte dalla “fine dell’innocenza” che l’autore individua in due episodi. Il primo è la morte per doping di un ciclista norvegese, Ronicol, della 4 x 100 km. Fu alle Olimpiadi di Roma del 1960. E la morte per uso di anfetamine del ciclista inglese Tom Simpson durante la tappa del Mont Ventoux del Tour de France del 1967. “In particolare dopo il secondo decesso le autorità sportive nazionali e internazionali hanno iniziato a combattere in modo più massiccio questo fenomeno.” spiega Giuntini.
Doping, una prospettiva storica
La dimensione del doping è stata ampiamente trattata sotto il profilo scientifico, soprattutto sotto i profili medico e biochimico. Poi anche da un punto di vista giuridico, in relazione alle sanzioni da applicare. Sino ad oggi era stata trascurato soprattutto il versante storico, di cui l’autore si occupa direttamente. “Senza una adeguata conoscenza storica del fenomeno doping è impossibile spiegarsi come, dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine dei regimi comunisti che praticavano il doping di stato, il ricorso a sostanze dopanti non sia affatto diminuito globalizzandosi secondo le linee del liberismo economico.”
Approfondiamo questa prospettiva dunque, con la spiegazione dell’autore stesso: “ Storicamente il doping si spiega infatti con l’età e la filosofia positivista che a fine Ottocento introducono la categoria di record come sviluppo lineare illimitato della scienza e delle possibilità umane. Si raffina col “fordismo” industriale, ai primi del ‘900, partorendo l’idea dell’uomo-macchina. Cresce ulteriormente con le guerre del Novecento e, in specie, con la seconda, nel corso della quale i combattenti fecero un largo ricorso ad anfetamine e stimolanti poi dilagate nel mondo dello sport. Infine deflagra con la Guerra Fredda, quando il doping a Est e a Ovest diventa uno strumento col quale affermare, nei contesti olimpici e delle grandi competizioni internazionali, il primato della propria ideologia e del proprio sistema.” conclude Sergio Giuntini.