Le Air Jordan e come un’azienda di scarpe può cambiare la cultura popolare

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Tutti pazzi per The Last Dance. I nostalgici anni ‘90 godono riguardando le imprese dei Bulls, mentre i giovani della X generation scoprono MJ: “il tizio delle Air Jordan” come lo ha definito un mio cugino. Troppo giovane per aver visto in azione Pippen e gli altri ma abbastanza alla moda da passare ore nello store di NewYork per scegliere un paio di sneakers. Mettendo ai piedi di Michael Jordan le sue scarpe, Nike ha realizzato un sogno di marketing esperienziale. Ripercorrendo la carriera di MJ dalla caviglia in giù, scopriamo la migliore campagna di marketing sportivo di sempre. Nike non ha venduto scarpe ma uno stile di vita, un’icona di stile, lo status symbol di un fenomeno da emulare.

air jordan

Air Jordan: just do it

Qui non leggerete l’ennesima biografia di Michael Jordan né un freddo Case Study del brand Nike. Ci interessa raccontarvi i punti salienti che hanno trasformato l’incontro di due fenomeni in un successo di marketing emozionale senza precedenti. Le sneaker Air Jordan non nascono né per caso né per fortuna ma da un marchio che crede da sempre nello sport. “Just do it!” (fallo e basta) è lo slogan rivolto ai pigri, un imperativo che li sprona a muoversi perché lo sport li renderà liberi. Questo motto è una sfida: fu proposto dal pubblicitario Dan Wieden, impressionato dalle ultime parole di un condannato a morte nello Utah. “Let’s do it” disse il pluriomicida. “Avanti, facciamolo”: con questa frase accettò la sua ultima sfida. 

Le sneaker Air Jordan indossate dal campione di basket nelle sue 6 stagioni vincenti con i Bulls non sono scarpe. Oggi rappresentano oggetti da museo, un fenomeno culturale, una nuova forma di investimento (sono quotate su StockX), beni di lusso. Giunte all’edizione 34, nel 2019 hanno realizzato un fatturato di 130 milioni di dollari. Le Air Jordan 1 restano il modello più desiderato: quelle originali hanno un valore incalcolabile. Uscite nel 1985, lo stesso anno in cui Michael Jordan è approdato in Nba, vennero soprannominate banned (vietate). All’epoca, i colori erano banditi, vigeva la regola della scarpa bianca. MJ sotto contratto Nike giocava in campo con queste sneaker rosso-nere (come i colori dei Chicago Bulls) e, ogni volta, veniva multato dalla Nba. Puntualmente, Nike pagava 5 mila dollari di multa finché questa regola non fu eliminata.

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Come ti creo un’icona

Nike ebbe un’altra idea vincente: sfruttare i momenti positivi e negativi della carriera di Jordan immortalandoli in spot pubblicitari. Non semplici pubblicità ma veri e propri cortometraggi, spesso realizzati da Spike Lee. “Tell Me” è uno spot leggendario. Michael Jordan corre verso il canestro e si esibisce nella schiacciata più famosa della sua carriera con cui diventa il simbolo stesso delle Air Jordan. Utilizzando story line negli spot commerciali, il messaggio delle Air Jordan era questo: non arrenderti mai, supera i tuoi limiti. Una strategia che la casa americana seppe riprodurre anche in altri contesti: basti pensare agli spot del ‘Secret Tournament’ nel calcio. A differenza degli altri sponsor, Nike metteva l’atleta al centro di ogni progetto facendolo sentire importante, coinvolgendolo nella creazione delle scarpe. Creava nell’atleta entusiasmo che veniva, poi, trasmesso ai consumatori spingendoli ad imitarlo.

Il lato negativo di questa insuperabile campagna di marketing emozionale fu che le Air Jordan divennero non solo un’ icona di stile ma un’ossessione. Ossessione che si trasformò in uccisioni fra i giovani o rapine per la conquista di queste scarpe dal prezzo altissimo, che molti non potevano permettersi. Michael Jordan, che aveva sempre cercato di trasmettere un esempio positivo ai giovani, rimase basito da questi episodi violenti. Nonostante tutto, Nike rimase fedele al suo principio commerciale: offrire modelli top gamma in edizioni limitate tanto che la domanda superava sempre l’offerta. In seguito, creò una linea Jordan (chiamata Retrò) che riprese i vecchi modelli riadattandoli.

Air Jordan strategia di successo

A partire dal primo episodio di “The Last Dance“, il prezzo delle Air Jordan 1 è aumentato: 60 paia sono state vendute mediamente al prezzo di 1.241 dollari, mentre l’edizione Chicago 2015 a 925 dollari. La grandezza del brand Nike, nato nel 1971, è tutta da cercare nelle sue strategie di comunicazione e marketing. Una comunicazione innovativa grazie a cui lo sport non viene più visto come un’attività da svolgere nel tempo libero ma come qualcosa in cui i consumatori potevano identificarsi. Il tutto selezionando campioni giusti al momento giusto, prima fra tutti Michael Jordan. Campioni a livello mondiale, icone, modelli da seguire. L’obiettivo a livello produttivo è stato, fin dall’inizio, creare scarpe altamente tecnologiche per grandi atleti. Il logo trasmette valori essenziali in questo senso: movimento, velocità, dinamicità, libertà, anticonformismo. Nike ha trasmesso messaggi sociali, divertenti, controversi, emozionali, ribelli. 

Just do it. Fallo e basta, con tanto di punto finale. Un mantra contenuto in uno degli spot più importanti della storia. Ebbe un impatto emotivo pazzesco sugli spettatori, generò un’energia estremamente positiva. Il boom Nike esplose ufficialmente dalla fine degli anni ’80 agli inizi degli anni ’90. Alla strategia di marketing esperienziale di Nike va il merito di aver persuaso, catturato e fidelizzato i consumatori raccontando la storia di un eroe, capovolta rispetto alle solite. Il nemico non è più esterno ma interno all’eroe: è in ognuno di noi, è la nostra pigrizia. Il brand Nike è stato un pioniere del cosiddetto marketing esperienziale ed emozionale che ha l’obiettivo di creare valore aggiunto al prodotto o servizio offerto. Con questo tipo di marketing l’azienda vende emozioni, oltre che scarpe, e una particolare esperienza ai consumatori. Con le Air Jordan ha centrato il bersaglio in pieno.

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