Ulama, lo sport messicano di 3000 anni fa

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Elmi adornati di pelli, piume e teschi. Protezioni per bacino e avambracci ricavate da ossa. Pitture tribali sul corpo. Riti antichi accompagnati da incensi sacri, altari, anfiteatri e palle di gomma: stiamo parlando di “Pelota Maya”. Con questo nome, uno sport del 1400 a.C. è riuscito ad arrivare fino a noi. Due squadre da tre o quattro persone, in un campo delimitato, si contendono la palla rispondendo a suon di natiche. Per quanto strano possa sembrare, le regole dell’antico gioco sono chiare: la palla era fabbricata con la gomma che le le civiltà mesoamericane veneravano, e andava colpita solo di anche o gomiti, con lo scopo di tenerla in campo.

Bassorilievi pelota maya
Un esempio dei bassorilievi con cui erano decorati gli stadi

Come nasce il gioco della Pelota Maya?

Nasce tutto dalla scoperta di un materiale che utilizziamo spesso nella vita di tutti i giorni: la gomma. L’adorazione delle popolazioni mesoamericane per la gomma era senza limiti, cosa che li spinse a creare l’idea di “palla”, un ammasso sferico di caucciù di 4kg circa. Intorno a questa reliquia creata per gli dei, si sarebbero sviluppate cerimonie religiose, che presero forma di vere e proprie esibizioni.

Le partite assumevano così una valenza cerimoniale: erano un vero e proprio rito religioso, intriso di metafore e significati ancestrali. Il gioco era legato a un’antica leggenda che racconta la storia dei gemelli Hunahpu e Xbalanque: il loro padre aveva infastidito gli dei dell’oltretomba (Xibalbá) e per punizione venne decapitato. Nel frattempo però, era riuscito ad ingravidare una delle figlie degli dei dell’aldilà, che diede alla luce i due gemelli. I fratelli si vendicarono, ricomponendo il corpo del padre e sfidando gli dei degli inferi sul campo da gioco, per cacciarli definitivamente dal mondo degli uomini.

pelota maya picture
Una rappresentazione dei giochi rituali

Partite-rituali

Ogni partita di Pelota Maya, era quindi una specie di allegoria di questo episodio mitologico. Le squadre che si affrontavano, erano chiamate a sconfiggere le forze della morte. Vincere non voleva dire solo portare a casa la partita ma assicurare che il sole sorga ancora, che la vita continui. La squadra sconfitta, al contrario, assumeva il ruolo degli dei malevoli e per questo i perdenti venivano sacrificati.

Il ruolo del sacrificio umano nel gioco della Pelota Maya, è chiaro anche dai bassorilievi presenti sugli spalti e sui muri che delimitano i campi da gioco. Giaguari e rapaci – simboli di potere militare – in rilievo, sono rappresentati mentre divorano il cuore degli uomini. Questi animali sacri, oltre al potere costituito, rappresentavano rispettivamente il sole notturno e quello diurno, la Luna e il Sole.

Pelota Maya dipinto
Un dipinto raffigurante una versione alternativa dell’Ulama

Le regole della Pelota Maya

Un regolamento della Pelota Maya non è ancora stato ritrovato. È facile immaginare che un gioco così longevo, diffuso su un territorio ampio e tra popolazioni diverse, non abbia avuto sempre e ovunque le stesse regole. Potevano esserci dei grandi anelli di pietra fissati a sette metri d’altezza; il campo era diviso a metà e le squadre lontane, oppure un unico terreno di gioco in cui i giocatori si scontravano per contendersi la palla.

In tutto il centro america (e oltre), sono stati rinvenuti 1300 campi di gioco, costruiti nell’arco di 2700 anni. Mediamente erano lunghi 36 metri e larghi 9 ma potevano essere molto più grandi: il campo da gioco di Chichén Itzá, il più grande che conosciamo, ha una lunghezza di 166 metri e è largo 68. Non c’era praticamente città del mesoamerica senza un campo da gioco, le più importanti ne avevano a decine. Tutti erano delimitati lateralmente da due muri con superfici inclinate, intonacati e decorati con figure e colori sgargianti. 

Pelota Maya player
Un giocatore di Pelota Maya con le tradizionali pitture

Appariscenti dovevano apparire anche le divise dei giocatori. L’abbigliamento dei giocatori era diverso da città a città ed è variato nel corso del tempo. Maschere, vestiti colorati, acconciature e parrucche rituali componevano le divise dei giocatori. Insieme agli elementi decorativi, sappiamo dell’esistenza di accessori tecnici. Tutti i giocatori indossavano un perizoma protettivo, fornito di rinforzi di cuoio o legno sulle anche e protezioni simili sugli avambracci e sulle ginocchia. Dalle raffigurazioni che ci sono arrivate, sappiamo anche che molti indossavano cinture rigide, di legno o paglia, che servivano da protezione o per imprimere più forza alla palla.

Pelota Maya e la guerra

Quello che le diverse versioni del gioco della palla avevano in comune era la palla. Una sfera piena, fatta di gomma naturale che le popolazioni indigene estraevano dal caucciù. Le palle originali arrivate fino a noi, dovevano essere oggetti votivi e fabbricati a scopo rituale. Possiamo quindi immaginare che le palle usate sui campi di gioco fossero diverse. Nelle versioni in cui la sfera doveva essere colpita con le anche, doveva avere la grandezza di una palla da pallavolo e un peso di 3-4 chili (15 volte quella da pallavolo). Una versione più piccola, grande più o meno come una palla da baseball, veniva lanciata con gli avambracci degli atleti.

Questi ultimi, non dobbiamo immaginarli come dei moderni giocatori di calcio o atleti professionisti: anche un re o un importante guerriero potevano prendere parte ad una partita. Molto spesso, infatti, una partita di Pelota Maya veniva giocata per risolvere controversie o addirittura conflitti. Torquemada, missionario e storico spagnolo, testimonia di quando l’imperatore azteco Axayacati sfidò il sovrano di Xochimilco scommettendo tutta la sua rendita annuale per avere il controllo di alcuni fertili campi. Non solo affari diplomatici ma anche le controversie interne ad una stessa società potevano essere risolte con il gioco della palla. Niente querele, insomma, solo dei grandi ematomi su tutto il corpo.

I moderni campionati di pelota mesoamericana

Il moderno gioco dell’Ulama

Come succede anche in Italia, certe tradizioni sono dure a morire, per fortuna. Ancora oggi, in molte regioni del Messico ci si affronta nel gioco della Pelota Maya. L’Ulama è la moderna versione del gioco rituale mesoamericano. Non ha più la valenza rituale di un tempo e nessuno perde (letteralmente) la testa. Molti elementi tradizionali, però, rimangono anche oggi. Si gioca in due squadre da tre o quattro giocatori in un campo lungo 50 metri per 20 di larghezza, con una linea trasversale a metà campo.

Le squadre devono rimanere nella propria metà campo e passarsi il pallone che è di plastica e molto più leggero dell’originale di gomma. Le ossa degli atleti ringraziano. La palla viene messa in gioco da una delle due squadre che poi dovranno passarsela con le anche. La squadra che non riesce a mandare la palla dall’altra parte, regala 5 punti all’avversario: vince chi arriva primo a 25. Per capirci, potremmo paragonarlo alla pallavolo: senza la rete in mezzo e senza poter usare braccia e mani ma usando solo l’anca. Detta così sembra impossibile, quindi date uno sguardo a questo video.

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