La narrativa prima della finale di Champions League era piuttosto chiara: l’Inter non avrebbe avuto chance contro gli alieni del Manchester City. La gara di Istanbul, invece, ci ha raccontato tutt’altro. I nerazzurri escono battuti contro i citizens di Guardiola, ma si dimostrano all’altezza della squadra più forte del mondo, certificando che l’orgoglio può superare la tristezza di un fallimento.
L’Inter sfiora l’impresa ma il destino gli nega la quarta Champions League
Era quasi utopico pensare che l’Inter di Simone Inzaghi sarebbe potuta uscire dal campo colma di rimpianti per non aver vinto la Champions. I nerazzurri arrivavano al grande appuntamento nella migliore condizione possibile ma contro l’avversario più devastante del panorama mondiale. Si erano ipotizzati numerosi scenari ed epiloghi ma nessuno di questi prevedeva un equilibrio quasi totale nel corso dei 90 minuti. L’Inter è scesa in campo con petto in fuori e spalle larghe, provando a giocarsi le sue armi migliori. La percezione era quella di vedere una squadra spensierata e senza nulla da perdere, l’Inter. Un’altra spavalda ma allo stesso tempo timorosa di perdere un’altra grande occasione, il City. Anche i duelli individuali si sono, di fatto, livellati già dai primi minuti. Acerbi ha quasi annullato Haaland; Brozovic e Barella sono saliti in cattedra, creando non poche difficoltà a Rodri e Stones.
I piani geniali di Guardiola si sono scontrati contro la versatilità dei nerazzurri, capaci di compattarsi quando necessario e di gestire il pallone con disinvoltura, senza paura di tenere il pallino del gioco. Non a caso, lo stesso Pep al termine della finale ha ammesso di essere stato ingabbiato dalle mosse dell’Inter. Nonostante il gol di Rodri, la squadra di Inzaghi non ha perso la bussola, creandosi un’occasione clamorosa appena 3 minuti dopo con la traversa di Dimarco. Già da quell’episodio si era intuito che il destino non fosse dalla loro parte. Tutto è stato più chiaro quando Lukaku ha fallito una clamorosa chance a pochi metri da Ederson. Proprio il belga, il giocatore più chiacchierato nell’avvicinamento alla finale, ha avuto la palla per riaccendere il sogno di un popolo intero. Un dejà-vu di quanto visto da Big Rom nel Mondiale in Qatar con il suo Belgio.
All’altezza del City di Guardiola: adesso l’Inter ha un altro status
Nella notte di Istanbul il Manchester City ha conquistato la sua prima Champions League e quel Triplete che proprio l’Inter aveva centrato nel 2010. Una notte di amarezza per i nerazzurri; di lacrime, quelle di Lautaro Martinez che è crollato in una profonda disperazione al termine di una stagione strepitosa. Una notte di consapevolezza, quella che ha cercato di trasmettere Onana al termine della gara da vero leader e che ha provato a restituire anche Javier Zanetti nel saluto ai giocatori sul prato dell’ Atatürk Olympic Stadium. La notte dell’orgoglio, una parola che Inzaghi e i giocatori hanno cercato di stamparsi nella mente per fa sì che la delusione si trasformi in fame di rivalsa. Quel che è certo è che l’Inter ripartirà con uno status diverso. Quello di una squadra che ha ribaltato la propria storia recente, arrivando a giocarsela con i migliori.
Negli ultimi anni abbiamo spesso sottolineato la differenza abissale tra la nostra Serie A e la Premier League e l’inadeguatezza delle squadre italiane. Quest’anno tre club italiano hanno disputato tre finali europee e, se pur tutte e tre abbiano perso, la prestazione dell’Inter ha riacceso la luce sul nostro campionato. I nerazzurri hanno, di fatto, annullato questo enorme divario, dovuto sopratutto alle differenti possibilità economiche. La squadra di Inzaghi ha messo in campo la propria storia e la voglia di ribaltare quello che per tutti era un epilogo scontato. Se il colpo di testa di Dimarco non fosse terminato sulla traversa, se Lukaku non avesse fallito un clamoroso gol da pochi passi. Con i se non si costruiscono le vittorie, ma certamente l’Inter ha gridato a voce alta che il calcio italiano non ha perso il suo prestigio. Ma soprattutto ha dimostrato in maniera inequivocabile che l’orgoglio e il cuore possono superare i soldi e i grandi nomi.