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I mondiali in Qatar: una questione politica

immagine del sito fifa

Non solo calcio. I mondiali fin dalla loro nascita sono stati una questione politica: la dibattuta questione della fascia “One Love” in Qatar.

Credits: sito federazione Galles

I diritti civili in Qatar e la campagna One Love

Le polemiche sui mondiali in Qatar non si fermano, nonostante le lunghe spiegazioni del presidente della FIFA all’apertura dei giochi. Alla questione dei diritti dei lavoratori, si aggiunge quella sui diritti civili. Essere gay è “damege in the mind”, cioè è un danno della mente, una malattia mentale. Così ha dichiarato un rappresentante qatariota durante un’intervista. Il ministro degli esteri del Qatar, Mohammed Bin Al-Thani, ha rilasciato un commento sulle polemiche, chiedendo il rispetto per la cultura del proprio Paese. In Qatar, infatti, secondo questo rapporto del dipartimento di stato americano, l’omosessualità è un reato per gli uomini. Si rischia la galera anche solo per istigazione all’omosessualità e il rapporto sessuale è punibile con il carcere fino a sette anni. È previsto addirittura l’ergastolo in caso di una relazione con un minore di sedici anni dello stesso sesso. Per quanto riguarda le donne, invece, non c’è una norma esplicita a riguardo.

Come risposta alle discriminazioni vigenti in Qatar, i capitani di alcune squadre hanno espresso il desiderio di voler giocare con una fascia arcobaleno al braccio, diversa da quella ordinaria, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti della comunità LGBTQ+ a livello internazionale. Questo l’obiettivo della campagna “One Love” iniziata nei Paesi Bassi nel 2020. I capitani di Olanda, Germania, Inghilterra, Scozia, Francia, Svizzera e Danimarca per aderire alla campagna avrebbero dovuto indossare la fascia in sostituzione di quella ufficiale FIFA. Secondo l’articolo 13 del regolamento ufficiale sull’abbigliamento, “per le competizioni finali FIFA, il capitano di ogni squadra deve indossare la fascia da capitano fornita dalla FIFA”. In una nota del 16 novembre, inoltre, il principale organo calcistico, ha reso noto il suo impegno per alcune campagne di sensibilizzazione decise a tavolino con le più grandi organizzazioni a carattere sociale, come l’UNESCO. Tra queste, tuttavia, non è presente “One love” ma un generale “no discrimination”.

Credits twitter Germania

Le proteste dei giocatori e delle federazioni

Normalmente le federazioni che contravvengono al regolamento ufficiale sull’abbigliamento dettato dalla FIFA, devono subire una sanzione pecuniaria che, alcune rappresentative nazionali sembravano disposte a pagare. Poi, però, è arrivata la minaccia di ammonizione ad inizio gara per i capitani che non avessero indossato la fascia ufficiale. Così, al momento del fischio d’inizio nessuno, in campo, aveva la controversa fascia One Love. Tutte le rappresentative sono arrivate in Asia con ambizioni calcistiche e i risultati sportivi sarebbero stati troppo compromessi. La questione, tuttavia, non ha impedito ad alcuni addetti ai lavori di aderire comunque alla campagna. Per esempio, l’ex calciatrice inglese, Alex Scott, ai mondiali in Qatar in veste di commentatrice per la BBC, ha indossato durante un collegamento in diretta la fascia simbolo della lotta per i diritti della comunità LGBTQ+. L’atteggiamento generale della BBC è stato fin da subito quello di dissenso. La tv di Stato inglese ha sostituito le immagini della cerimonia d’apertura dei mondiali in Qatar con un documentario sullo sfruttamento dei lavoratori.

I calciatori impegnati nei mondiali in Qatar hanno comunque avuto modo di far valere la loro libertà. Hanno fatto arrivare la loro protesta tramite altri gesti. La nazionale inglese, prima di Iran – Inghilterra, ha scelto di inginocchiarsi, come sempre fatto, per un segno di vicinanza al movimento “black live matter”. I giocatori tedeschi, invece, si sono fatti fotografare in una posa inusuale. Hanno messo la mano davanti alla bocca, a voler dire “non possiamo esprimere le nostre opinioni”. Il riferimento è proprio all’impossibilità di aderire alla campagna One Love. Anche gli italiani hanno avuto una loro voce nelle proteste contro la negazione dei diritti civili: “il falco”, Mario Ferri, ha invaso il campo sventolando una bandiera arcobaleno. Diversi invece i motivi che hanno spinto gli iraniani a non cantare l’inno. La loro è una forma di protesta contro il loro stesso Paese, che sta affrontando una grande rivolta in nome della parità di genere. Emblematico, a tal proposito, che dopo la gara tra Iran e Usa, alla vittoria degli Stati Uniti siano seguiti i festeggiamenti.

Credits: twitter FIFA

I mondiali: una questione politica

Sono tanti gli esempi che testimoniano quanto lo sport sia una questione politica, soprattutto per quanto riguarda eventi come il mondiale di calcio. Ne è prova l’esclusione della Russia dalla competizione. La stessa scelta della sede è sempre stata una questione politica. Per esempio, la seconda edizione in assoluto dei mondiali (quella del 1934 quando ancora si chiamava Coppa Rimet) è stata giocata in Italia, grazie alla mediazione di Mussolini che aveva bisogno di una grande opera di propaganda per generare il consenso del popolo e far valere la propria immagine all’estero. I pretendenti per il 2022 sono stati solo cinque: Qatar, Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone e Australia. Quella del Qatar è una scelta discussa fin dall’inizio a causa delle difficoltà pratiche: l’assenza di stadi, i lavoratori sfruttati, le alte temperature, la diversità nell’affrontare la questione dei diritti civili. Anche se l’ex presidente della FIFA Sepp Blatter, che ha avallato la decisione, si è detto pentito, la macchina organizzativa è partita e i mondiali sono iniziati.

L’attuale presidente della FIFA, Gianni Infantino, ha visto però un’opportunità di inclusione. Per prima cosa, c’è la possibilità di mostrare agli occhi dei qatarioti la cultura occidentale. Il piccolo Qatar verrà “invaso” da gente con usi e costumi diversi quindi è praticamente obbligatorio alzare la soglia di tolleranza. Vista la condizione della donna, inoltre, sarà una forte spinta di emancipazione vedere una figura femminile, senza veli, arbitrare una partita di calcio maschile. Anche per l’occidente si tratta di una bella sfida. Si sono dovuti modificare i format dei campionati e anche i tifosi dovranno trovare dei compromessi nell’incitare i propri beniamini. Può essere definito come il mondiale delle prime volte: la prima volta in inverno, la prima volta in un Paese arabo, in una nazione così piccola, la prima volta di un arbitraggio femminile. Per la prima volta però, il vincitore di questo campionato mondiale, sicuramente non sarà iridato.

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