Home CURIOSITÀ Club e Nazionale, due modi diversi di allenare

Club e Nazionale, due modi diversi di allenare

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Vincere scudetti, coppe di lega e poi essere catapultati in una realtà più pressante come la Nazionale e fallire. Il Mondiale 2022 ci ha insegnato proprio questo: ottenere vittorie nei club non è garanzia di trionfo in Nazionale. Non a caso tante sono state le panchine saltate in Qatar. Meglio, quindi, allenatori da club o Nazionale?

Luis Enrique e Flick si fanno un cenno di intesa al termine di Germania-Spagna

Vittorie nei club garanzia di trionfo in Nazionale? Spesso non è così. Luis Enrique esempio perfetto

Nel calcio, come diceva Massimiliano Allegri qualche anno fa, “Ci sono le categorie, c’è poco da fare”. Frase che andrebbe letta con marcato accento toscano, ma questo non ci interessa. Il punto è che aveva ragione. Le categorie valgono tanto per i giocatori (top player, gregari, campioni, fenomeni, rimpiazzi), quanto per gli allenatori. La Coppa del mondo in Qatar ce l’ha confermato. Dopo tante sorprese, teste di serie eliminate, outsiders arrivate fino in fondo, delusioni e Argentina campione, possiamo affermare che alcuni allenatori sono ‘da club’, mentre altri vestono al meglio ‘l’abito da Nazionale’. Statistiche e dati ci danno ragione. Prendiamo in esame Luis Enrique. Sulla panchina del Barça, Lucho ha vinto tutto (triplete, coppe, Supercoppe e premi personali). Poi è diventato Ct della Spagna. Considerato il suo ricco palmares, da lui ci si aspettava molto alla guida dell ‘furie rosse’ e invece ‘nada’.

Fin dall’inizio, gioco balbettante, una sorta di ‘scimmiottesca’ imitazione dell’efficace tiki-taka mostrato al Barcellona. Obbiettivi non raggiunti, miglior piazzamento la semifinale Euro2020, il punto più basso, invece, l’eliminazione agli ottavi in Qatar. La Spagna era squadra da ben altri traguardi. Per Lucho l’esonero è arrivato puntuale pochi giorni fa. Quindi, l’equazione “Vittoria in un club = trionfo in Nazionale” non è garantita. Un’altra conferma ci arriva dal tedesco Flick. Dopo il ‘sextuple’ (la vittoria di tutti i trofei disponibili in un’unica stagione) col Bayer Monaco, nel 2021 gli viene affidata la Germania. Ad oggi, non si è minimamente avvicinato a quei traguardi e la recente eliminazione ai gironi in Qatar ha fatto infuriare milioni di tedeschi. Situazione simile per Tite, ex tecnico del Brasile. In patria ha vinto ogni tipo di trofeo (Campionato, Coppa Libertadores, Mondiale per club) con la sua Seleçao, invece, non ha raggiunto i successi che tutti speravano. Unico titolo la Copa America 2019, vinta pressoché senza avversari. In Qatar era favorito, ma l’eliminazione contro una Croazia non irresistibile, fa piangere ancora i brasiliani.

Lionel Scaloni alza al cielo la Coppa del mondo vinta con l’Argentina.

Tante le panchine saltate in Qatar. Per trionfare serve ben altro

Guidare un intero Paese dunque è delicato e il recente Mondiale lo dimostra. Tra esoneri, dimissioni e ‘voglia di nuovi lidi’, sono otto i commissari “saltati”: Addo (Ghana), Tata Martino (Messico), Martinez (Belgio), Van Gaal (Olanda), Bento (Corea del sud), Tite e Luis Enrique. In generale, hanno lasciato dopo risultati non soddisfacenti. Particolarmente negativa è stata l’avventura di Roberto Martinez, mai parso in grado di guidare una corazzata come il Belgio, non a caso in carriera ha vinto solo una ‘romantica’ FA Cup col Wigan. Troppo poco. Insomma, per allenare una Nazionale servono caratteristiche precise e valori quasi unici. Ne sa qualcosa il guru Van Gaal, capace di vincere tutto con molte squadre, però, nelle sue tre tornate alla guida dell’Olanda, ha collezionato un misero 3° posto a Brasile 2014.

Commissario tecnico, quindi, non fa rima con ‘allenatore da club’. In Nazionale occorre selezionare la miglior formazione possibile e non allenarla quotidianamente, i giocatori si visionano da vicino solo qualche settimana all’anno. È fondamentale saper gestire 25 campioni, invece, nei club, si lavora con 2 o 3 top player e tanti gregari. Lo sa bene Felipe Scolari, anonimo mister in patria, ma vittorioso Ct del Brasile Campione del mondo 2002. Fa da eco Didier Deschamps. Solo qualche trofeo tra Monaco e OM, ma è con la Francia che ha dato il meglio di sé. Mondiale conquistato nel 2018, Nations League 2021, 2° posto ad Euro2016 e finale persa ai rigori a Qatar2022 dopo un match epico contro l’Argentina. Mentalità diversa quella tra Ct e allenatore, dove la capacità di cogliere al volo le occasioni è decisiva. Dalic e Scaloni esempi perfetti. Il primo, quasi privo di esperienze nei club, è stato catapultato sulla panchina della Croazia come semplice traghettatore, diventando poi un valido condottiero. A sua volta Scaloni, circondato da critiche e dubbi, ha costruito l’Argentina migliore degli ultimi 30 anni, portandola ad un traguardo storico e diventando eroe in patria.

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