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Sport e politica: la scelta di Olga Kharlan è diventata un caso

Olga Kharlan in pedana. Ph. Credit: IG Kharlan

Sport e politica non dovrebbero mai mischiarsi. Non è però semplice con una guerra in corso. Non è facile gareggiare contro quello che per forza di cose diventa il “nemico”. Olga Kharlan non ha voluto stringere la mano alla sua avversaria, la russa Anna Smirnova e il caso è diventato qualcosa di più grande di qualche stoccata.

La sciabolatrice ucraina Olga Kharlan. Ph. Credit: IG Kharlan

La presa di posizione di Olga Kharlan

La stretta di mano non c’è. Olga Kharlan, al termine dell’incontro, ai Mondiali di Scherma di Milano 2023, non dà la mano alla russa Anna Smirnova. Vince 15 a 7, le porge la lama, come forma di saluto e al posto della stretta, ma la russa si rifiuta. Quest’ultima occuperà la pedana, con una sorta di sit in pacifico, per quasi 50 minuti. Nonostante l’iniziale vittoria data all’ucraina, poi arriverà, nella confusione generale e senza risposte chiare dalla FIE (la Federazione internazionale) un cartellino nero. La Kharlan viene squalificata, non può fare la gare a squadre (con cui ci si gioca la qualificazione olimpica). Nei giorni precedenti, lo spadista Igor Reizlin, anche lui ucraino, aveva deciso di non competere contro un avversario dal passaporto russo. La Kharlan avrebbe invece ricevuto rassicurazioni dalla FIE: durante il Covid era possibile salutarsi con un tocco di lama e la norma sarebbe stata ancora in vigore (in realtà era decaduta). Nella scherma, il saluto è obbligatorio, è una forma di rispetto. Non salutare l’avversario è un gesto punibile e secondo Bruno Gares, presidente della FFE e membro del Comex della FIE la procedura «era corretta, ma il cartellino nero era provvisorio, l’ufficio esecutivo è potuto tornare sulla decisione».

La vicenda è infatti diventata di pubblico interesse. Il silenzio della FIE è stato assordante. Solo dopo l’ammonizione del CIO, una lettera del Ministro Abodi e una di Bach (che autorizzava la Kharlan a gareggiare a Parigi in ogni caso) è intervenuta chiarirendo le cose. Il regolamento è cambiato: è ora possibile salutarsi solo con il tocco delle armi. La Kharlan ha potuto gareggiare con la sua Nazionale (poi quarta) e ora può inseguire il suo sogno olimpico.

Elina Svitolina a Wimbledon. Ph. Credit: IG Svitolina

Oltre la stretta di mano

Il problema non è la singola stretta di mano. La vicenda è complessa ed è anche difficile capire o dire chi abbia torto e ragione. Ci sono vittime e carnefici, ma i ruoli sono stati decisi fuori dalle pedane e le colpe politiche sono ricadute su civili e atleti. Il Cio, che sì è intervenuto nella vicenda, non ha aiutato. A febbraio ha dato il via libera alla partecipazione, in forma neutrale, di russi e bielorussi, lasciando però l’ultima parola alle singole federazioni e non esprimendosi su Parigi 2024. Una situazione difficile da gestire. Per un atleta ucraino dare la mano a un atleta russo o bielorusso potrebbe diventare fonte di problemi. Il gesto potrebbe essere utilizzato com forma di propaganda dal governo di Putin, come un fittizio atto di pace.

Non è facile nemmeno per russi e bielorussi essere continuamente additati come il nemico. La tennista Aryna Sabalenka ha denunciato, più volte, attorno a lei, un clima di odio e di ostilità. La connazionale, la bielorussa Azarenka è stata fischiata a Wimbledon per non aver dato la mano a Elina Svitolina. Quest’ultima, da ucraina, ha detto che non stringerà la mano. Nelle ultime ore ha spiegato: “Dopo il nostro match di Wimbledon è uscita la dichiarazione che non ci saranno strette di mano tra atleti russi e bielorussi con gli atleti ucraini. Ho parlato con Simon (presidente Wta) e mi ha detto che prima del match verrà sottolineato che non ci saranno strette di mano. Questa cosa mi rende più serena”. Sport e politica, quindi, si mischiano e creano ostilità venendo meno allo spirito olimpico.

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