A 10 anni dalla sua morte, che avvenne il 25 maggio 2012, Edoardo Mangiarotti viene ricordato come l’atleta più medagliato. Quarto assoluto della storia olimpica. Ma il suo ricordo è legato anche all’esempio che è stato non solo come sportivo
Edoardo Mangiarotti, Re di Spade e uomo da record
Ci lasciava all’età di 93 anni, il 25 maggio 2012, Edoardo Mangiarotti, il più grande, il più decorato, il più gentile. Uno dei più, un signore dello sport. Il Re di Spade.
Lo sportivo italiano più decorato con ben 13 medaglie olimpiche (6 ori, 5 argenti e 2 bronzi) e 26 iridate (13 ori, 8 argenti, 5 bronzi). Oggi, dieci anni dopo, lo sport italiano lo ricorda e lo onora per i successi e per la storia, un esempio che è stato e che continuerà ad essere per le future generazioni.
Infatti, nella scuola di scherma a Milano, che porta il suo nome e diretta dalla figlia Carola, sono oltre 300 gli atleti che ogni stagione hanno il compito di mantenere vivo il suo ricordo sulle pedane d’Italia e del mondo.
Una ricca collezione di medaglie, degne di un cavò, a cui si aggiungono altri primati. Tra i vari, le 17 edizioni estive dei Giochi Olimpici, la prima a soli 17 anni. Erano i Giochi di Berlino, nel 1936 e vinse un oro a squadre. Poi ci fu la guerra ad intervallare e interrompere quel sogno olimpico. Riprese nel 1948 con i Giochi di Londra, a cui seguiranno Helsinki nel 1952, Melbourne nel 1956 e Roma nel 1960. A Melbourne e a Roma è stato Portabandiera della squadra italiana.
A Helsinki invece, aggiunse alla categoria a squadre anche i trionfi nella doppietta individuale. Con suo fratello Dario peraltro. Una famiglia di sportivi, la storia della scherma. Perché Mangiarotti è stato la scherma. Una leggenda. Ed è stato il punto più alto di una Scuola, quella fondata dal padre Giuseppe, che da oltre un secolo onora la scherma e lo sport italiano.
Titolato anche post carriera
La scuola conosce l’apice nel 1952, proprio quando Edoardo e Dario si abbracciano sui gradini più alti del podio, Edoardo con l’oro e Dario con l’argento. Dividono inoltre l’oro a squadre con i compagni Battaglia, Bertinetti, Delfino e Pavesi.
Fratelli dentro e fuori lo sport. Ma il talento di Edo attirò l’interesse sin dai suoi primi anni di vita Era il ’33 e un tredicenne Edoardo veniva preferito al fratello maggiore, Dario, allora campione in carica. Così divenne titolare nella squadra che vincerà a Berlino nel 1936. Ai Giochi prenderà parte ancora per altre 5 edizioni dopo Roma 1960, come dirigente sportivo e giornalista. Per le successive come invitato d’onore dal CIO.
È stato membro onorario della Federazione Internazionale di Scherma (F.I.E.) e di quella Italiana (F.I.S.), è stato insignito dell’Ordine Olimpico, massima riconoscenza del CIO, nominato Cavaliere di Gran Croce dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro (la più alta onorificenza italiana), del Collare d’Oro del C.O.N.I., della Stella d’Oro del C.O.N.I. e per tre volte della Medaglia d’Oro al Valore Atletico. Nel 2009 ha ricevuto il Premio Fair Play alla carriera, meritato come Atleta, come Uomo e, soprattutto, quale Gentiluomo dello Sport. Un atleta che ha iniziato la carriera olimpica a 17 anni e l’ha terminata a 41. Ma il suo contributo nello sport riecheggia ancora oggi. E’ stato Presidente dell’Unione Veterani Sportivi e della A.M.O.V.A, che lui stesso aveva fondato per riunire attorno alla bandiera del ricordo e dell’onore le Medaglie d’Oro al Valore Atletico. Infine, ultimo ma non per importanza, a lui si deve l'”Assegno vitalizio Giulio Onesti” ai campioni meno fortunati.