Maurizio Zamparini ha rappresentato uno degli ultimi baluardi di un calcio ormai scomparso. Un presidente, un uomo di calcio che ha lasciato il segno prima a Venezia e poi a Palermo, regalando un sogno popolare. Croce e delizia, creatore e distruttore della sua stessa creatura, ma unico nella sua essenza. La sua morte lascia l’ennesimo vuoto nel calcio italiano e nel cuore di tutti gli appassionati.
Gli anni di Venezia: dalla C2 al ritorno in Serie A
Maurizio Zamparini è stato molto più di un semplice presidente. Negli anni si è guadagnato l’appellativo di ‘mangia allenatori’ per i numerosi tecnici che ha esonerato. I suoi toni focosi e il suo carattere imprevedibile spesso hanno creato dibattito. Più di molti altri però, ha rappresentato la passione per il calcio, lanciando tanti giovani talenti che col tempo si sono affermarti in Italia e all’estero. Ma soprattutto ha regalato un sogno a due piazze come Venezia e Palermo, portandole all’apice del loro splendore. Proprio nel 1987 iniziò la sua avventura da presidente del Venezia, guidando il club veneto per bene 15 anni, fino al 2002. La sua impronta ha lasciato il segno in breve tempo: partendo dalla C2, Zamparini nel 1998, grazie al contributo di Walter Novellino, riporta il Venezia in Serie A.
Quella squadra era la prima grande creatura di Maurizio Zamparini. Una rosa che vantava giocatori del calibro d Taibi, Volpi, Maniero e Recoba e che ha fatto sognare la gente della laguna. Negli anni 90 divenne uno dei primissimi in Italia a parlare di stadi di proprietà , dando un’impronta che in tanti poi avrebbero seguito. Il suo capitolo col Venezia si chiuse nel 2002 e in un modo bizzarro, degno di un uomo come Zampa. Proprio in quell’anno, infatti, iniziò la sua nuova avventura in Sicilia, a capo del Palermo dove portò con sé ben 14 giocatori proprio dal capoluogo veneto, scatenando numerose polemiche.
L’approdo al Palermo: un sogno diventato incubo
Approdato a Palermo nel 2002, promette subito: “Voglio la A in tre anni e poi l’Europa”. Non ci mette molto a ribaltare le sorti di una piazza in declino. Dopo 31 anni dall’ultima volta, nel 2004 il Palermo torna in Serie A, sotto la guida di Francesco Guidolin e trascinato dai gol di Luca Toni. Lo stadio Renzo Barbera torna a esplodere di gioia e nel giro di pochi anni i rosanero si impongono anche nella massima serie, mettendo paura persino alle big italiane. Sotto la gestione Zamparini sono passati numerosi allenatori, rivelatesi poi tra i migliori in Italia: Pioli, Gasperini, Gattuso e De Zerbi, ma soprattutto sono sbocciati talenti straordinari. Da Amauri a Cavani, da Ilicic a Pastore, da Miccoli a Dybala, da Belotti a Vasquez. E poi i tanti campioni del mondo come Barzagli, Zaccardo, Grosso. Nonostante le dichiarazioni furiose, le scelte avventate, l’era Zamparini è stata luminosa. In quegli anni il Palermo sfiorò la Champions League e nel 2011 disputò la finale di Coppa Italia contro un Inter insuperabile. Quella finale la perse ma quella squadra per diversi anni riuscì a ribaltare le gerarchie del calcio italiano.
Un presidente che si è sempre distinto dagli altri. Non andava quasi mai allo stadio a vedere le partite, ma le seguiva da casa, facendosele raccontare da un dirigente. Spesso utilizzava frasi ad effetto del tipo: “Mi sto mangiando il secondo testicolo per averlo lasciato andare. Il primo l’ho già mangiato”. La sua presidenza in rosanero è durata ben 16 anni, distrutti, però, dalle vicissitudini extra-campo. Le presunte accuse di riciclaggio e le false fatture hanno condannato la società al fallimento. Alcuni tifosi ci hanno messo del tempo a perdonarlo ma la sua morte ha riportato tutti sulla stella linea, orfani di un padre che ha regalato un sogno ad una città intera. Zamparini ha sempre dimostrato di essere diverso, nel bene e nel male, è stato croce e delizia, genio e distruttore delle sue stesse creature. Oggi, però, tutti sentono il dolore della sua scomparsa e questa è la conferma di come, nonostante tutto, abbia lasciato un segno indelebile.