Nel giorno in cui avrebbe compiuto gli anni, ricordarlo è d’obbligo. Un uomo che ha attraversato epoche, generazioni, dittature e fatto amare il calcio a milioni di persone. Nei panni di pioniere, calciatore, giornalista, innovatore, allenatore e CT ha fatto conoscere il calcio all’Italia, portandola sul tetto del mondo. Vittorio Pozzo, una leggenda di questo sport.
A lezione dai maestri inglesi: tra giornalismo, tattiche e Fascismo
Prima degli allenatori moderni, dei vari Sacchi, Capello, Lippi, Ancelotti, Mancini e prima dei guru della panchina, c’è stato un uomo che ha plasmato il calcio italiano: Vittorio Pozzo. La sua carriera è unica, servirebbero 100 vite per ripercorrerla a pieno. Il “tenente” era nato a Torino il 2 marzo 1886. Piemontese e alpino doc, dedica l’intera vita al calcio, conciliandolo con altri lavori ed esperienze. Innovatore, pioniere e rivoluzionario, è stato tutto questo. Per intenderci, studiando lingue nei primi del ‘900, ha viaggiato tra Francia, Svizzera ed Inghilterra, giocando a calcio e rubando segreti ai ‘padri fondatori d’oltremanica’. Tornato in Italia, ha trasmesso queste conoscenze prima partecipando alla fondazione del Torino Calcio, poi ricoprendo il ruolo di CT della Nazionale nel 1912 accettando l’incarico ad una sola condizione: “Non voglio essere pagato”.
Troppo era l’attaccamento al tricolore per ricevere un compenso in cambio. Come è stato quell’esordio? Pessimo: Italia eliminata alle Olimpiadi dalla Finlandia. Pozzo sa che il momento non è maturo. Lascia la panchina e torna a studiare il calcio inglese. Lavora anche alla Pirelli e veste i panni del giornalista sportivo per La Stampa. Tra articoli e cronache, spicca la sua competenza calcistica. Il mondo, però, è in subbuglio. Nel 1915 scoppia la Grande Guerra. Vittorio viene arruolato e comanda le truppe del 3° Reggimento Alpini. Quegli anni lo segneranno. Trasferirà la disciplina e la tattica militare anche in campo. A conflitto concluso, lo sport andava rifondato e subito nasce la FIGC. Con l’idea che il calcio potesse essere una risorsa per il Paese, nel 1929 viene riorganizzata anche la Nazionale. Adesso il momento è propizio, Vittorio sa che può plasmare il calcio italiano. Da lì in poi, per 20 anni, trionfi a non finire. Di lui si accorgerà anche il Fascismo tanto che Mussolini ha voluto usare la Nazionale come strumento di propaganda tra casacche ‘nero pece’ e saluti romani.
Vittorio Pozzo e la Nazionale più vincente di sempre
Pozzo ha posto le basi per il calcio che conosciamo oggi, ha creato quegli strumenti ancora utilizzati dopo oltre 60 anni. Uno così non puoi chiamarlo allenatore o semplice CT, certo, ha ricoperto questi incarichi, ma è andato oltre determinati ruoli. Con visione, conoscenze e coraggio, ha anticipato i tempi, creando un calcio che in Italia non si era mai visto. Negli anni ’30, la scuola calcistica inglese era la massima espressione sportiva e lui l’ha rivoluzionata. In quel periodo, i moduli utilizzati da tutti erano “piramide di Cambridge” e il sistema “WM”, Pozzo li ha sconvolti, inventandosi il “metodo”. Ha arretrato i terzini e messo le mezzali a protezione della difesa, avanzando, di conseguenza, il vecchio centrale in mezzo al campo, creando così il ruolo che poi sarebbe diventato il regista. Intuizioni da fuoriclasse. Fu il primo a creare tattiche per ogni partita.
Studiava la migliore disposizione dei calciatori in base all’avversario. In un calcio primordiale questo era impensabile. Ha inventato anche lo stage in Nazionale ed il ritiro pre-match. “Tutti in caserma” gridava e con disciplina faceva capire ai suoi l’importanza dei colori azzurri e l’attaccamento al gruppo. Con lui l’Italia vincerà tutto. Metà del palmares della Nazionale è suo. Due Mondiali, 1934-1938 (unico a riuscirci nella storia), due Coppa Internazionale d’Europa (antenato dell’Europeo) e le Olimpiadi di Berlino. Ha allenato fenomeni come Meazza, Orsi, Ferrari, Schiavio. Ha fatto appassionare un popolo intero, facendo diventare il calcio lo sport più seguito, quando in Italia il ciclismo era un dogma. Nei tanti trionfi, però, Pozzo ha vissuto anche momenti difficili, come la tragedia del Grande Torino, quando andò a Superga per riconoscere i corpi, oppure il periodo fascista, una macchia indelebile. Non patteggiò mai con il regime, anzi, ha aiutato i partigiani nel ’45, ma la sua Nazionale è rimasta alla storia come quella ‘di Mussolini’ e questo lo ha segnato a vita.