Grazie a una docuserie, è tornata in auge la storia di Alex Schwazer. Una delle pagine più tristi, ma allo stesso tempo complesse, dello sport italiano. Dietro la ritrovata curiosità per la storia dell’ex maratoneta, la serie tv uscita il 13 aprile 2023.

“Il caso Alex Schwazer”: una serie riporta l’attenzione sull’ex maratoneta
Il nome di Alex Schwazer negli ultimi anni non è più legato solo alle imprese sportive ma anche a quelle giudiziarie. La sua storia, fatta di contraddizioni, indagini e polemiche, è diventata oggetto di una docuserie in onda su Netflix dal 13 aprile. Un racconto dell’ascesa, della caduta, del percorso di perdono dell’oro olimpico nella marcia a Pechino 2008 e della sua doppia squalifica per doping.
Una sorta di redenzione o comunque di occasione per Schwazer, ormai lontano dalle competizioni, di poter raccontare la sua verità e di portare alla luce troppe cose che non tornano. Nella docuserie, Alex Schwazer ripercorre le tappe di una vicenda che ha distrutto la carriera, la prima volta per colpa sua ma le seconda no e che ha minato le certezze come uomo.

Le tappe della storia
Nato nel 1984 a Bolzano inizia a farsi conosce vittoria dopo vittoria. A 23 anni conquista il bronzo ai Mondiali di Osaka del 2007 nella marcia. L’anno dopo l’apoteosi: vince l’oro olimpico ai Giochi di Pechino. Inizia un periodo d’oro conquista il successo e si lega sentimentalmente alla pattinatrice Carolina Kostner. Peccato che ci sia ben altro dietro le patinate vittorie. Interrompe, nel 2011, il rapporto con l’allenatore Sandro Damilano e entra nel tunnel del doping. Si rivolge a Michele Ferrari guru del ciclismo squalificato a vita e inizia a ricorrere a sostante illecite. Risulta positivo, dopo aver saltato diversi controlli coinvolgendo anche la Kostner, all’Epo a luglio 2012. Viene squalificato per due anni e patteggia una condanna penale di 9 anni.
Alex però prova a rialzarsi, vuole marciare ancora. Riparte da Sandro Donati uno dei suoi più fervidi accusatori e consulente della procura di Bolzano nel processo contro di lui. Inizia un lavoro serrato, rigido, con constati controlli: Schwazer sogna l’Olimpiade di Rio 2016. La scelta di Donati non attira grandi simpatie e intanto l’atleta lascia Roma per Bolzano e testimonia contro alcuni medici della federazione. La IAFF, ex Federazione internazionale, lo stesso giorno ordina un controllo: è il 1° gennaio del 2016. Dietro le due provette raccolte succede di tutti con gli esiti che arrivano solo alla vigilia dei Giochi. Stando a quanto emerso la Federazione temeva per quello che sarebbe potuto uscire dalle indagini. Per Schwazer è troppo tardi: il tribunale sportivo di Losanna lo squalifica per otto anni. Peccato poi, o per fortuna, che intervenga la giustizia ordinaria (in Italia il doping è considerato un reato) che lo assolve (cosa che comunque non annulla la pena sportiva) nel 2021: il reato di doping non sussiste. Viene riconosciuta la probabile contaminazione delle provette, anche se non si è capisce quando sarebbe avvenuta o da chi sarebbe stata fatta.
Il caso è chiuso e archiviato a marzo 2023. Archiviazione sia nei confronti dell’atleta che non si sarebbe dopato, sia nei confronti degli autori del presunto complotto. A oggi quindi non ci sono colpevoli e ha pagato solo l’atleta.