Ci sono delle persone, degli inventori, degli atleti, che riescono a diventare più famosi della disciplina che praticano. Succede in maniera naturale, senza presunzioni di chissà quale tipo. Semplicemente queste persone sono state messe alla luce per svolgere quella particolare materia. E’ capitato a Picasso, a Freud e parlando di ciò che concerne il nostro ambito, a Michael Jordan e al protagonista della nostra storia. Luiz Nazario de Lima, per tutti Ronaldo. Perché se scendeva in campo lui alla domanda “Che partita trasmettono oggi in Tv?” la risposta era sempre la stessa. “Stasera gioca il Fenomeno”.
Dai primi calci alla Catalogna
Muove i suoi primi passi nel mondo del calcio a 5, dove curiosamente, occupa il ruolo di portiere ma da quando ha tolto i guanti non si è più fermato. Dalle prime volte in un campo a 11 nel Sao Cristovao, O’ Dadado, suo soprannome in patria, inizia a segnare un innumerevole quantità di gol, tanto da suscitare l’interesse del Cruzeiro. Lì trascorrerà solamente una stagione e mezzo, collezionando 47 presenze e 44 gol, che gli valsero la chiamata delle big europee. Ronaldo, ormai cresciuto e liberatosi dell’odiato soprannome, segue il consiglio del suo mentore, uno che con il gol aveva un rapporto particolare, O’ Baixinho, Romario. L’ex stella verdeoro gli consiglia l’Olanda, perché lì ci sono poche distrazioni e ci si può concentrare esclusivamente sul calcio.
“Ehy Romario, ma cosa c’è ad Eindovhen?“, “Il freddo Ronnie“. “E oltre al freddo?“, “La Philipps Ronnie“, “Ah bene“. Ronaldo si convince e raggiunge Eindovhen dove in due stagioni realizza 54 gol in 57 partite. Fenomenale. Il piano di Romario ha funzionato alla perfezione, apparte il primo impatto in una città così cupa, Ronaldo è riuscito a concentrarsi su ciò che sa fare meglio, Gol. Lo chiama il Barcellona, proprio l’ex squadra di Romario e in un solo anno in Catalogna conquistala Copa del Rey, la Coppa delle Coppe, con un suo gol in finale ed il titolo di capocannoniere de LaLiga.
Tra Milano, Madrid e il ritorno in patria
In estate il suo rapporto con il club catalano si incrinerà causa contratto non rinnovato. Si fa subito sotto Massimo Moratti, presidente dell’Inter, strappandolo alla concorrenza e facendo innamorare i tifosi nerazzurri. Nel capoluogo lombardo trascorrerà 5 stagioni dal ’97 al 2002 intervallati da due gravi infortuni alle ginocchia, due mondiali, un pallone d’oro e 59 gol realizzati. Il 31 agosto del 2002, lascia Milano in direzione Madrid, dove ad aspettarlo c’è il Real dei Galacticos. 104 gol in 177 partite alla corte di Florentino Perez, senza però quella “Coppa dalle grandi orecchie”, sogno proibito di squadra e Fenomeno. Dopo Madrid torna a Milano, questa volta sponda rossonera, scelta che i tifosi dell’altra parte della città non gli perdonano tuttora.
La sua avventura con il Milan non sarà brillante come le altre. Le ginocchia lo metteranno a dura prova e l’incredibile tendenza ad aumentare di peso fa il resto. Nel 2009 torna in patria al Corinthians, dove nonostante gli evidenti limiti fisici riesce a conquistare il Campionato Paulista e il titolo di miglior giocatore del torneo. Il 14 febbraio 2011, annuncia il suo ritiro dal calcio giocato. Le articolazioni e negli ultimi anni anche l’ipertiroidismo, non curato a causa di farmaci ritenuti dopanti, hanno stroncato anzitempo la carriera di quello che è ritenuto da molti l’attaccante più forte della storia del calcio.
La Seleçao
Anche nella culla del Football, come il Brasile, le capacità atletiche di Ronaldo non passarono inosservate. A 16 anni lo nota Jairzinho, campione del mondo nel 1970 con Pelè, e lo convoca per disputare qualche gara nelle nazionali minori. Il salto in quella maggiore arriva nel 1994, in cui Ronnie partecipa alla spedizione negli Stati Uniti. A 17 anni fa parte di una spedizione mondiale, e pur non giocando nemmeno un minuto di gioco conquista il suo primo titolo mondiale. Ormai la curiosità su questo ragazzo è alle stelle. Nel 1995 raggiunge assieme ai suoi compagni il secondo posto in Copa America, poi migliorato nell’edizione del 1997, in cui vinse anche la palma di miglior giocatore del torneo. Nel 1998, in Francia, la Seleçao è chiamata a difendere il titolo di quattro anni prima.
Dal terrore al tetto del Mondo
4 gol in 6 partite aiutano uno dei Brasile più forti di sempre a raggiungere la finale contro i padrona di casa. Nelle ore precedenti alla partita, Ronaldo accusa un malore. E’ nella sua stanza d’hotel con il compagno Roberto Carlos, che come suo solito sta ascoltando dell’ottima samba quando d’un tratto si volta e incrocia lo sguardo assente di Ronaldo. È a terra, con la bava alla bocca. Roberto Carlos chiama i compagni ed i medici e dopo essere riusciti a riportarlo alla normalità, O’ Fenomeno cade in un sonno profondo. “Ha avuto una crisi”. Questa la diagnosi dei medici. Zagallo, il C.T. della Seleçao chiede riscontro ai medici: “Può giocare?”. È lo stesso Ronaldo a tranquillizzare c.t. e compagni: non perderà la sua prima finale mondiale. Il Brasile si avvia verso lo stadio con Ronaldo a bordo ma con un umore totalmente diverso dal solito. Il risultato è netto, 3-0 per la Francia con doppietta di Zidane, in una partita che aveva molto poco da raccontare.
Torna in Nazionale a ridosso del mondiale di Corea-Giappone del 2002. Negli ultimi anni di Inter le ginocchia non gli avevano dato tregua tenendolo lontano dai campi per più di un anno. Tutti attendono il ritorno del fenomeno nel massimo palcoscenico mondiale. 8 gol in 7 partite disputate, finale raggiunta e conquistata contro la Germania grazie ad una sua doppietta. “E’ tornato, è tornato il fenomeno” e questa volta nulla gli avrebbe potuto impedire di alzare quella coppa da protagonista. Partecipa anche al mondiale del 2006, il suo quarto personale, arrendendosi però ancora una volta alla Francia di un onnipotente Zidane. Realizzerà 3 gol in 5 gare, superando così Gerd Muller nella classifica dei migliori marcatori nella storia dei Campionati del Mondo, record poi di nuovo superato nel 2014 da Miro Klose.
L’eredità
Nella storia di questo meraviglioso sport, ci sono stati dei giocatori fenomenali, trascendentali e impegnati politicamente. Poi ci sono quelli che lo hanno rivoluzionato. Nella mia modestissima opinione, i giocatori che rientrano in questa categoria sono solamente 4. I primi due sono coloro che hanno contribuito a rendere il gioco del calcio uno sport nobile ed elegante, parlo di Alfredo Di Stefano e Pelè. In seguito abbiamo assistito alla rivoluzione di uno scalmanato ragazzo olandese che all’anagrafe portava il nome di Johan. E infine c’è lui, Ronaldo: “Non è guidare una Lamborghini Murcielago, è essere una Lamborghini Murcielago”. Era un qualcosa di mai visto prima su un campo da calcio. Una capacità innata di curare il dettaglio alla massima velocità. Letteralmente non sapevi come prenderlo perché andava al doppio della velocità di chiunque altro. Un classico ragazzo brasiliano, con i denti sporgenti e un amore viscerale per la ‘Bola’.
Era irriverente, al limite del fastidioso, perché mentre lui trascorreva i 90’ in campo con il sorriso, i suoi avversari a fine gara tornavano negli spogliatoi per prendere acqua e zucchero. Se il calcio è lo sport veloce e dinamico che conosciamo oggi, in cui la forza fisica abbinata alla velocità sta piano piano sorpassando la tecnica individuale, è grazie a lui. Nessuno prima di Ronaldo aveva mai raggiunto quelle velocità con una palla tra i piedi. Un calciatore talmente influente da costringere l’Inter ad accettare come sponsor tecnico la Nike, già legata al Fenomeno, assegnandogli la maglia numero 9 in seguito alla creazione di uno scarpino personalizzato per il brasiliano con il nome R9. Il Fenomeno non è stato un semplice calciatore, è stato una macchina quasi perfetta sfruttata fino all’osso da tutto e tutti: tifosi, società e sponsor. D’altronde se per tutti sei “Il Fenomeno“ non puoi aspettarti nulla di diverso. Parabens Ronaldo, o maior de todos.