Tazio Nuvolari, cosa ci resta del mito della velocità

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Ad oggi ricordiamo Nuvolari come un mito dell’età dell’oro. Sì, sul campione delle due e delle quattro ruote grava il peso della leggenda. Ma, al di là della retorica, del mantovano rimangono impresse due qualità: la capacità di strappare vittorie con veicoli poco competitivi e la tenacia di rimanere in gara nonostante la perdita di pezzi dell’automobile. “Gli uccelli nell’aria perdono l’ali quando passa Nuvolari”.

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Nuvolari, a sinistra, con il suo meccanico Giovani Battista Guidotti al termine della Mille Miglia del 1930. Il pilota ottiene il primo posto grazie a un controverso stratagemma.

Il giovane Nuvolari prima del mito, fra contratti in esclusiva e desiderio di indipendenza

“Quando passa Nuvolari, quando corre Nuvolari, la gente aspetta il suo arrivo per ore e ore”, cantava Lucio Dalla. Le corse di Nuvolari si intrecciano con il mito e la cultura di massa. Proprio come quelle – a piedi – di Dorando Pietri. La carriera del pilota sfreccia lungo il trentennio che va dal 1920 al 1950. E si scontra con la cruda realtà: prima la militanza nella grande guerra, poi la pausa di 6 anni dovuta al secondo conflitto mondiale. L’educazione ricevuta dal giovane Tazio rievoca gli ambienti e lo stile di vita contadino delle storie di famiglia. Fra la fine dell’Ottocento e gli esordi del secolo breve, sono il padre e lo zio – entrambi ciclisti – ad avvicinarlo alle motociclette. Esordisce come pilota a 28 anni, nel 1920.

Come tutti i giovani, Tazio percorre diverse strade prima di scegliere quella che più si addice alla sua indole: l’automobilismo. I suoi esordi infatti si legano alle due ruote. Un scelta dovuta al minore costo e alla maggiore quantità di gare in cui mettersi alla prova. Ed eccolo che sfreccia, dapprima con la sua moto privata marca Norton, poi con la Bianchi “Freccia Celeste”. Ma è a 35 anni che, intrappolato in un contratto in esclusiva con la Bianchi, decide di fondare una propria casa automobilistica. L’avventura inizia sotto il migliore degli auspici. Nel 1928 si impone per la prima volta sulla scena internazionale con il Gran Premio di Tripoli.

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Nel 1932 Nuvolari riceve in dono da Gabriele D’Annunzio una tartaruga d’oro con la dedica “all’uomo più veloce l’animale più lento”

Nuvolari icona dell’età dell’oro che (forse) non è mai esistita

“Con l’Alfa rossa fa quello che vuole, dentro al fuoco di cento saette”. La storia del pilota si intreccia con quella di marchi storici per eccellenza, Bianchi e Alfa Romeo. Oggi, le avventure di Nuvolari vengono ricondotte a un passato – forse mitizzato – di automobili dalla silhouette vintage, piloti coraggiosi e riparazioni bizzarre. Uniti all’abilità di Nuvolari, questi ingredienti formano l’icona di un mostro sacro del quale si rischia di parlare in modo retorico. Eppure, già all’epoca le monoposto riuscivano a superare i 300 km/h. Per esempio, oggi sorridiamo dello stratagemma grazie al quale Nuvolari e il suo meccanico, nel 1931, riuscirono a vincere il circuito delle Tre Province. Dopo aver subìto la rottura dell’acceleratore, i due riuscirono a superare Enzo Ferrari di 32 secondi addomesticando sterzo, freno e frizione con la cintura dei pantaloni. Pochi anni prima, sul circuito del Tigullio, il nostro era riuscito a tagliare il traguardo alla guida di un macinino semi-distrutto. Nonostante lo svio dal tracciato a picco sul mare e nonostante il ribaltamento in un fosso. E con una chiave inglese al posto del volante.

“Ad ogni giro un inferno, ma sbanda striscia è schiacciato, lo raccolgono quasi spacciato“. Fra gare concluse con automobili in fiamme, obsolete o a pezzi, possiamo battezzare Nuvolari come un moderno Ulisse. Come il protagonista omerico ingannò il ciclope con l’astuzia, così il pilota riuscì a superare l’avversario con uno stratagemma. Nel corso della Mille Miglia del 1930, dopo essere giunto nottetempo a tallonare Achille Varzi, Nuvolari spense i fari della monoposto. Inducendo tutti, in questo modo, a crederlo vittima di un incidente. Ma, con lo sguardo fisso sulle luci posteriori della vettura davanti, riuscì ad avere la meglio e a vincere.

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Nuvolari militò con la casa motociclistica Bianchi (1924-1927) e con quella automobilistica Alfa Romeo (dal 1930), qui rappresentata dal logo del 1925.

Il mito di Nuvolari come brand nella cultura di massa

Le avventure del pilota non riguardano solo i motori. Fra l’altro, ricordiamo l’affetto nei confronti di una piccola tartaruga d’oro. Si tratta di un portafortuna regalato da Gabriele D’Annunzio che Nuvolari portava sempre con sé. Questo episodio fa da sfondo alla beatificazione della velocità all’interno del mito. Così come l’agilità di Maradona viene osannata nell’omonima “Chiesa”.

Nuvolari si colloca a pieno titolo nella cultura di massa. Oggi si possono acquistare capi d’abbigliamento negli omonimi negozi “che raccontano l’immagine maschile”. Sul piccolo schermo, la leggenda è stata presente dal 2000 al 2007 sotto forma di canale televisivo dedicato ai motori. Nella Walk of Fame del Foro italico a Roma è presente dal 2015 una targa in memoria dei suoi meriti sportivi internazionali. “Ma Nuvolari rinasce come rinasce il ramarro” – ci ricorda Lucio Dalla. Accanto alla sua, le canzoni “Arriva Tazio” del Trio Lescano e “Il Mantovano Volante” di Sergio Basso. “Nuvolari è bruno di colore, Nuvolari ha la maschera tagliente/Nuvolari ha la bocca sempre chiusa, di morire non gli importa niente”.

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