Mourinho trascina la Roma in finale: l’ennesimo trionfo dello Special One

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Solo un personaggio come José Mourinho era in grado di riaccendere la passione e l’entusiasmo del popolo romanista. Lo Special One ha trascinato la Roma alla finale di Conference League, a Tirana, dove affronterà gli olandesi del Feyenoord. I club italiani non vincono in Europa dalla Champions dell’Inter del 2010, quando in panchina c’era proprio il tecnico portoghese. L’ennesima prova di grandezza di un allenatore che ha vinto tutto ma che è ancora in grado di emozionarsi per un traguardo che la piazza di Roma poteva solo sognare fino a 6 mesi fa.

Anonimo da calciatore, leggendario da allenatore

José Mourinho è stato scelto dalla proprietà giallorossa per riportare in alto la Roma. Lo Special One ha risvegliato un popolo, creando una magia che all’Olimpico non si vedeva da tantissimi anni. Il portoghese è stato accolto come un re e, nonostante il cammino altalenante in campionato, è sempre stato difeso dai tifosi che sono tornati a riempire lo stadio osannandolo. Lui ha risposto nel miglior modo possibile, ottenendo il pass per la finale di Conference che potrebbe riportare un trofeo che a Roma manca da 14 anni. Mou è diventato il primo a raggiungere una finale di una competizione europea con 4 club diversi (Porto, Inter, Manchester United, Roma). “La storia della Roma è una storia di sofferenza, questa finale per noi è come la Champions per il Liverpool o il Real Madrid“- ha detto al termine della gara contro il Leicester.

Anche la Champions League, però, non se l’è fatta mancare. Il portoghese è un raro esempio di uomo che da calciatore non ha mai brillato ma che da allenatore ha scritto un pezzo di storia del calcio moderno, rivelandosi uno dei più vincenti di sempre. Mou è sempre stato schietto: “Se la gente pensa che io sia frustrato perché non sono stato un calciatore di alto livello, si sbaglia”. Infatti fa presto a chiudere la parentesi da calciatore e inizia come insegnante di educazione fisica. I suoi primi concreti passi da allenatore li muove come vice al Porto e poi al Barcellona dove impara i trucchi del mestiere da Bobby Robson e da Louis van Gaal. Successivamente inizia come primo al Benfica. L’astro nascente degli allenatori si consacra in maniera inequivocabile col Porto con cui conquista in due anni, Europa League (2003) e Champions League (2004). A quel punto il salto in un top club è inevitabile.

Luci e ombre: dall’Inter allo United

Mourinho viene scelto dal Chelsea e il suo impatto è travolgente. Al primo anno alla guida dei Blues conquista la Premier League (la prima Premier della storia del club). L’anno successivo, nel 2006, si ripete. La storia d’amore con il club londinese si interrompe nel 2007 ma riprenderà nel 2013. In mezzo arriva la svolta definitiva della sua carriera che lo trasformerà in una leggenda. Approda in Italia, all’Inter e rivoluziona la storia dei nerazzurri. Vince in fretta due scudetti, dando seguito alla strada intrapresa da Mancini. Il miracolo lo compie nel 2010 quando conquista il famigerato ‘Triplete’ che lo porta nell’Olimpo del calcio. Tocca il punto più alto con la conquista della Champions League che la San Siro nerazzurra aspettava da 45 anni. Nella finale di Madrid, per uno strano scherzo del destino, si trovò contro il suo mentore, Van Gaal che ai tempi guidava il Bayern Monaco. Uno dei più classici esempi di allievo che supera il maestro. Diventato il tecnico più desiderato d’Europa, non poteva mancare la chiamata del Real Madrid, il sogno per chiunque viva di calcio.

Al Real, però, la sua magia non attecchisce fino in fondo, nonostante la conquista della Liga (il quarto titolo nazionale in 4 paesi diversi). Lo strapotere del Barcellona in quegli anni è troppo anche per lo Special One che torna in Inghilterra. Da quel momento entra in un tunnel che lo mette in discussione, dal quale fatica a venirne fuori. Nonostante la vittoria dell’Europa League con il Manchester United, il biennio alla guida dei Red Devils è deludente. In seguito torna a Londra, sponda Tottenham, per riportare in alto gli Spurs. Il portoghese, però, sembra aver perso lo smalto di un tempo. La chiamata della Roma ha riacceso il fuoco che lo ha sempre contraddistinto. Quel fuoco che esprimeva con frasi iconiche: “Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio”; “Non sono il migliore del mondo, ma penso che nessuno sia meglio di me”. Perché Mourinho non è solo un vincente, ma un personaggio carismatico, imprevedibile, unico nel suo genere, in due parole Special One.

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