C’era una volta un Paese povero, che grazie soprattutto ai successi della propria nazionale di calcio, è riuscito a risollevarsi. C’era una volta un Paese che seguiva e stravedeva per la “Democracia Corinthiana” voluta e creata da Socrates, il “dottore”. Oggi invece il Brasile del calcio è un movimento che ha subito l’indottrinamento del candidato conservatore Jair Bolsonaro, ma per fortuna del Mondo e soprattutto della foresta Amazzonica, il Paese è riuscito, per una volta, a separare il calcio dalla politica e dalla vita reale.
L’ascesa di Bolsonaro
L’indottrinamento della destra di Bolsonaro è iniziato anni fa quando il candidato di destra, ha scelto come simbolo della propria campagna elettorale, uno che fino a quel momento non aveva mai avuto risvolto politico, ovvero la maglia verdeoro. L’ormai ex presidente, sconfitto da Lula al fotofinish, già nel lontano 2017 aveva iniziato ad indossare i colori della bandiera, accompagnando il gesto da una retorica nazionalista: “I miei colori sono quelli del Brasile”. Una mossa politica che, in un Paese in cui la Nazionale di calcio rappresenta uno dei maggiori fiori all’occhiello, si è rivelata alquanto efficace. Dall’altra parte della scena, la maglia verdeoro è stata ormai quasi abolita. La mossa di Bolsonaro infatti è stata definita un “furto di un simbolo nazionale”. A maggior ragione ora che mancano poco meno di due settimane al Mondiale in Qatar.
Il “merito” di Bolsonaro, è stato anche scegliere una campagna elettorale che andava incontro anche alla parte religiosa del Paese. Pensateci, quante volte avete visto i calciatori brasiliani realizzare un gol e inginocchiarsi sul campo di gioco raccolti in una preghiera? Sicuramente molte. Questa è stata la mossa successiva. “Rubare” anche la simbologia religiosa. “Brasile prima di tutto, Dio prima di tutto”, questo lo slogan scelto dal partito dal cosiddetto Partito Liberale. Otto parole di cui sei ripetute, differenziate soltanto dal parallelismo tra il Brasile e Dio.
L’appoggio del Brasile del calcio a Bolsonaro
Gran parte dei calciatori brasiliani si sono dichiaratamente schierati a favore del presidente uscente. Così come loro, Bolsonaro segue la religione evangelista, un culto nato dalla chiesa protestante che sta diventando piano piano il più seguito del Brasile. L’ex presidente si è recentemente convertito ed è infatti stato battezzato ad Israele solo nel maggio del 2016. Un altro punto in comune tra lui e il calcio brasiliano. Nella Selecao, non ci sono più giocatori rivoluzionari, ispirati dai valori di progresso sociale ed uguaglianza. Felipe Melo, ex centrocampista della Juventus, ha voluto così sciogliere ogni dubbio sul suo orientamento politico: “Che sia l’inizio di un tempo nuovo e che, finalmente, il nostro paese inizi a camminare verso una nazione giusta, onesta e prosperosa. BRASILE SOPRA OGNI COSA, DIO SOPRA TUTTI!!!”.
Nulla di diverso da quanto fatto da veri e propri idoli come Ronaldinho, Cafu e Rivaldo che aveva commentato così l’incarico di Bolsonaro nel 2019: “Felice la nazione il cui Dio è il Signore. Auguri, Presidente Bolsonaro, che Dio benedica il tuo mandato”. Solo due calciatori hanno scelto di appoggiare Lula, il reale vincitore, ovvero Juninho Pernambucano, ricordato dai più come il miglior battitore di punizione della storia, e Paulinho. L’esterno del Bayer Leverkusen ha pubblicamente dichiarato il suo voto per il democratico, appoggio non condiviso dagli stessi compagni di nazionale come Reinier, ex astro nascente del Real Madrid, oggi al Girona che sotto al tweet, ha commentato con una emoji disgustata. Pronta la risposta di Paulinho: “Mi sconvolgo quando vedo giocatori o ex giocatori di destra. Noi veniamo dal basso, siamo cresciuti con il popolo”.
Il caso Neymar
Neymar è di certo uno degli sportivi più seguiti al mondo e anche lui non ha fatto mancare il suo appoggio a Bolsonaro. A due giorni dalle elezioni, l’asso brasiliano ha fatto parlare di sé per un Tik Tok che lo ritraeva mentre ballava la canzone della campagna elettorale del leader di destra. Un video che ha fatto il giro del web, facendo indignare gran parte dell’opinione pubblica. O’Ney, soprannome in patria, è ormai ad un passo dal diventare il miglior marcatore nella storia della nazionale brasiliana, ma Lula, ha provato a togliergli le luci della ribalta raccontando una scomoda, anche se non confermata, verità: “Neymar ha il diritto di eleggere il presidente che vuole. Penso che abbia paura che, se dovessi vincere le elezioni, saprò cosa gli ha perdonato Bolsonaro del suo debito d’imposta sul reddito. Penso che sia per questo che ha paura di me”.
Queste le parole di Lula che dunque ha svelato dei retroscena sull’appoggio del 10 brasiliano nei confronti di Bolsonaro. Molti in Brasile hanno creduto a queste parole e durante i festeggiamenti, hanno intonato un particolare coro proprio all’indirizzo di Neymar: “Hey Neymar, il va falloir te déclarer”. In italiano si tradurrebbe in modo letterale “dovrai dichiarare”, una frase collegata ai guai con il fisco del trentenne nato sulle rive del fiume Tietê. Un motto che ha scaldato gli animi della folla che ha voluto ricordare al brasiliano che ora, con l’arrivo di Lula, non verranno più concessi privilegi ai pochi ricchi a danno di tutto il resto della popolazione. Anche se il tuo nome è Neymar Da Silva Santos Junior.