La lotta per la maternità di Sara Bjork Gunnarsdottir. C’è tutela per le mamme -sportive?

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Sara Bjork Gunnarsdottir, calciatrice 1990 ex Lione e attualmente alla Juve ha vinto la causa con il suo ex club che aveva interrotto i pagamenti durante la gravidanza.

Sara Bjork Gunnarsdottir con la maglia del Lione. Ph.Credit: IG Gunnarsdottir

La “vittoria” di Sara Bjork Gunnarsdottir

Si parla di vittoria per Sara Bjork Gunnarsdottir, ma il riconoscimento e la tutela dei propri diritti non dovrebbero essere una battaglia. Purtroppo, le sportive devono ancora guadagnarsi certi privilegi. La gravidanza non sempre è accolta da tutti come una lieta novella, ma piuttosto come una grana o un impedimento.

Lo hanno pensato, anche se inizialmente l’hanno dissimulato, al’Olympique Lyonnais, club 19 volte campione di Francia e otto d’Europa. La calciatrice ha raccontato il suo calvario a “The Player’s Tribune”. Dopo l’annuncio della gravidanza nel 2021 la squadra la rassicura: non ci saranno cambiamenti contrattuali. I primi due stipendi sono però a cifre ridotte e il terzo nemmeno arriva. La giustificazione? La legge francese prevede questo. La giocatrice si appella alla Fifpro, sindacato dei calciatori professionisti europei, per ottenere il pagamento degli 82.094 euro non corrisposti. Con causa in atto, dopo la nascita del figlio torna ad allenarsi: il clima è ostile e non viene vista di buon grado. Termina la sua esperienza in Francia e nel mentre la Camera per le risoluzioni della Fifa obbliga il club a pagare il compenso mancante e il 5% degli interessi maturati. Il Lione non ha il coraggio di fare ricorso: “Sono i miei diritti e non possono essere contestati, nemmeno da un club grande come il Lione“, scrive.

Una vicenda simile l’ha vissuta sulla propria pelle l’ex pallavolista Lara Lugli. Ph. Credit IG Lugli

Tutele in caso di maternità: a che punto siamo?

Il caso della calciatrice islandese non è purtroppo isolato: situazioni simili sono accadute anche ad Alice Pignagnoli contro la Lucchese ed Emma Mukandi contro la Federazione Inglese. Non solo calcio: l’ex pallavolista Lara Lugli è stata una delle prime, nel mondo del volley, a denunciare il comportamento della sua squadra. Scoperta la notizia il contratto venne stracciato. Episodi che non appartengono solo all’Italia ma a tutto il mondo. Ad esempio, in passato, alcune atlete sponsorizzate da Nike hanno visto i propri contratti essere messi in stand by (l’azienda dal 2019 ha cambiato le regole e imposto pagamento del normale accordo e un bonus).

Il 2023, almeno in Italia, dovrebbe portare ad alcune modifiche. Con l’introduzione della riforma sportiva (la cui entrata in vigore è stata però prorogata) oltre l’abolizione del famigerato vincolo sportivo dovrebbero essere inserite tutele previdenziali tali da coprire la maternità. Nessuna atleta, fatta eccezione per le calciatrici per cui solo da poco è entrato in vigore il professionismo, secondo la legge 91/1981 è professionista. Non a caso, dal 2018 nella Legge di Bilancio è stato introdotto un fondo per le atlete sportive che quest’anno verrà incrementato.

Il Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, è incrementato di 2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2023, di cui 1 milione di euro è destinato a sostenere la maternità delle atlete non professioniste”.

La strada è ancora lunga. Va anche fatto presente che questo vale per tutte quelle atlete, come accade per gli sport di squadra, che non sono affiliate a gruppi sportivi militari (in quel caso c’è un vero e proprio contratto di assunzione con tutte le garanzie del caso). La gravidanza, a oggi, è non solo un tabù ma per molti un problema.

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