L’altoatesino è il numero 1 del mondo e arriva da dodici mesi fantastici, in cui ha vinto tantissimo e messo a segno diversi primati. Eppure, quando si parla di Jannik Sinner, essere il migliore (per il Ranking ATP) sembra non bastare
Il numero 1 più discusso
Lo sapevamo già dai primi mesi del 2024, quando dominava e portava a casa un titolo dopo l’altro. Jannik Sinner sarebbe diventato il numero 1 del mondo, bisognava solo capire quando. La superiorità messa in mostra a partire dagli ultimi mesi del 2023 era stata schiacciante, in un periodo in cui anche il suo corpo aveva funzionato benissimo permettendogli di non fermarsi (quasi) mai. Poi, sono ricominciati i problemi, più o meno seri, dal punto di vista fisico. L’altoatesino ha dovuto fermarsi durante il torneo di Madrid, disertare gli Internazionali BNL d’Italia e poi le Olimpiadi. Nel mezzo, le sconfitte in semifinale al Roland Garros e nei quarti a Wimbledon, a cui hanno contribuito i periodi di inattività in un caso, e (probabilmente) la sfortuna nell’altro.
Nulla di grave, verrebbe da dire. Gli incidenti fanno parte del percorso e comunque non hanno impedito a Jannik di raggiungere la vetta del Ranking ATP. Attualmente, l’allievo dei coach Simone Vagnozzi e Darren Cahill è ancora il primo giocatore del mondo. Ma il tema è proprio questo: è possibile che la posizione di numero 1, nel caso di Sinner, non sia abbastanza per considerarlo il migliore? Vari esperti del tennis internazionale e anche alcuni ex campioni (come Mats Wilander) negli ultimi mesi si sono espressi senza girarci troppo attorno, dicendo che il vero numero 1 è Carlos Alcaraz. Ma se c’è una classifica che stabilisce chi sia oggettivamente il migliore di tutti, c’è spazio per fare un’analisi di questo tipo?
Gli Slam come parametro di riferimento
Le parole di Wilander (ma anche di alcuni giornalisti che la pensano allo stesso modo) hanno ovviamente alimentato dibattiti accesi, in Italia ma non solo. Sinner, in sostanza, paga un rendimento nei tornei dello Slam inferiore non solo rispetto a quello di Alcaraz, ma anche di Novak Djokovic e Daniil Medvedev. Prendendo in considerazione gli ultimi quattro tornei major disputati (quelli che vengono inclusi nell’attuale Ranking ATP), Jannik ha infatti vinto 19 partite, contro le 23 dello spagnolo, le 22 del serbo e le 20 del russo. Considerando anche l’assenza dal torneo olimpico di Parigi, in cui Djokovic ha conquistato la medaglia d’oro e Alcaraz quella d’argento, le cose si complicano ulteriormente. Perché se è vero che la classifica mondiale prende in considerazione tutti i tornei disputati nell’arco delle ultime 52 settimane, è anche vero che gli stessi tennisti non considerano tutti i tornei allo stesso modo.
E’ infatti lo stesso Sinner, nei tornei che precedono i grandi appuntamenti, a sottolineare come sia importante giocare per prepararsi a quei grandi eventi, senza dare troppa rilevanza al risultato ottenuto. Lo ha fatto anche questa settimana, dopo aver superato il primo turno del Masters 1000 di Cincinnati, ammettendo che per lui quella vittoria fosse importante per avere la possibilità di giocare una partita in più prima degli US Open. Aveva fatto lo stesso discorso durante il torneo di Monte-Carlo e prima del ritiro a Madrid (riferendosi in quel caso al Roland Garros). E allora, se sono gli stessi tennisti di punta a considerare i Masters 1000 (che assegnano complessivamente più punti degli Slam) come tornei di preparazione alle prove più importanti, si può almeno mettere in dubbio il Ranking ATP come unico metodo per stabilire chi sia il miglior giocatore del mondo?