Nel mondo del calcio, in più di mezzo secolo, non c’è stato ruolo che abbia subito cambiamenti come quello del portiere. Da Yashin, Albertosi e Zoff, fino a Neuer, emblema dell’estremo difensore ultramoderno: abilissimo con i piedi, posizionamento da futsal e occhi da centrocampista. In un pianeta pallonaro, dove i trequartisti sono spariti a favore di ali superveloci e “fisicate”, dove gli attaccanti sono diventati centravanti di manovra o falsi nueve, il ruolo del portiere è stato stravolto.
Com’è cambiato il ruolo del portiere? Meglio saper parare o impostare bene con i piedi?
Negli ultimi anni, il calcio è cambiato molto. Dal catenaccio con libero e mediano a comandare, si è passati al calcio totale di Rinus Michels, affinato dal Milan di Sacchi e consacrato dal tiki-taka di Guardiola. In questo viaggio tra epoche, il portiere è stato il calciatore che maggiormente ha dovuto aggiornarsi e adattarsi. E pensare che fino al 1912, gli era concesso prendere il pallone con le mani fino al centrocampo. In seguito, l’utilizzo delle mani, ciò che lo distingueva dal resto della squadra, fu sempre più confinato. Nel 1929, la regola che lo costringe a rimanere fermo sulla linea di porta durante i rigori, poi nel ’36, doveva rinviare il pallone fuori dall’area prima di essere toccato dai compagni. Nel 1992 la regola principale, un portiere non può prendere la palla con le mani dopo retropassaggio.
Regole che hanno rivoltato questo ruolo come un calzino. E oggi, con il calcio moderno della manovra ragionata e il giro-palla spasmodico, il portiere non deve solo parare, ma anche giocare da centrocampista. Costruzione dal basso, l’azione parte dai suoi piedi, deve essere abile nel servire difensori o centrocampisti. Oggi, il portiere si è trasformato in un libero. Gli allenatori evitano il primo pressing avversario partendo dal giro-palla col portiere. Questa è la norma, sempre più squadre lo fanno, come ha ribadito Luciano Spalletti a Sky Calciomercato: “Il portiere oltre a parare, deve saper costruire il gioco dal basso e diventerà un centrocampista aggiunto”. Ad oggi, sembrerebbe più importante saper impostare che saper parare. Eppure, c’è chi ancora, come Giovanni Galli, considera i guantoni strumento indispensabile per un portiere: “Essere portiere significa parare, stop. Servono presenza e capacità di guidare la difesa, ma non tutti devono saper impostare”.
I migliori interpreti della vecchia scuola e i più bravi nel calcio di oggi
Tante evoluzioni per un ruolo affascinante. La solitudine tra i pali ha lasciato spazio alla partecipazione continua durante l’azione dei compagni, anche a 100m di distanza. Un tempo il portiere si isolava, per poi risultare decisivo in una frazione di secondo. Oggi è stato obbligato a snaturare le sue caratteristiche. Dai primi anni ’30 alla fine del ’60, i migliori interpreti della vecchia scuola sono stati gli azzurri Bacigalupo e Ghezzi, senza dimenticare Lev Yashin (unico portiere Pallone d’oro nel 1963) ed il connazionale Grosics. Formidabili portieri che puntavano su reattività e piazzamento. Questi giganti dell’area di rigore hanno lasciato poi spazio ai primi interpreti del calcio totale, come Jan Jongbloed. Eclettico portiere dell’Olanda di Cruijff Michels, impostava da centrocampista. In Italia, quell’evoluzione, già iniziata in altri campionati, tardò ad arrivare. Tra il ’70 e l’80, Albertosi e Zoff tenevano alta la bandiera della vecchia scuola.
Nel 2022, questa evoluzione ha raggiunto l’apice. Gli allenatori vogliono portieri dai piedi buoni. Guardate l’Inter, che per il dopo Handanovic ha scelto Onana, portiere scuola Barca e affermatosi nel calcio totale dell’Ajax. Fa da eco il Milan di Pioli, che da Donnarumma, fuoriclasse tra i pali ma incerto nell’impostare, ha ingaggiato Maignan, talento francese capace di fare due assist quest’anno con lanci dalla sua porta. Non vanno dimenticati i brasiliani Alisson e Ederson, veri e propri centrocampisti con i guantoni. Chi è migliorato molto con i piedi è Courtois e lo stesso vale per Oblak. Chi, invece, con i piedi ci ha sempre saputo fare è stato Manuel Neuer, un rivoluzionario di questo ruolo. Con lui, c’è stata un’evoluzione epocale, lontano dai confini dell’area di rigore, il portiere diventa un vero giocatore di movimento con i guantoni. Buffon unico capace di evolversi seguendo il cambiamento del calcio, autentico campione.
Il portiere che vale doppio, parare e impostare. Evoluzione o involuzione?
In mezzo secolo, quindi, tanti i cambiamenti affrontati dai portieri. Ma si tratta di un’evoluzione o un’involuzione? Difficile da dire. Certo è che se si è arrivati alla situazione attuale, probabilmente il cambiamento era necessario. In altre parole, la trasformazione di questo ruolo è figlia dell’epoca attuale del calcio, fatto sempre più di tecnica, qualità, giro palla e poche “spazzate vecchio stile”. In questo moderno mare calcistico, anche il portiere deve affinare le sue caratteristiche se vuole restare a galla. Un aspetto, però, deve essere chiaro: ben venga l’impostazione dal basso, ma senza esagerare. Al portiere non si possono chiedere passaggi filtranti dalla propria area di rigore, non si può pretendere che incassi il pressing avversario dribblando l’attaccante. Serve misura anche in questo. Va bene la ricerca dei piedi buoni, ma il portiere, prima di tutto, è nato per parare, altrimenti non avrebbe indossato i guantoni.