Giorgio Chinaglia è stato un personaggio molto particolare nella storia del calcio italiano. Dalle prime partite oltremanica, allo scudetto con la Lazio per poi chiudere con la indimenticabile esperienza statunitense. Chinaglia è stato, oltre a un ottimo attaccante, anche un uomo fuori dagli schemi grazie al suo carattere non esattamente docile.
John d’oltremanica
L’infanzia di Giorgio è una delle classiche storie italiane del post-guerra. Il Paese stava raccogliendo le macerie della seconda guerra mondiale, gli anni del boom economico sono ancora lontani e il lavoro scarseggia, per non parlare di soldi e cibo. Non è un momento facile e così molte famiglie decidono di emigrare alla ricerca di fortuna, E’ questo il caso della famiglia Chinaglia. I genitori di Giorgio partono alla volta del Galles inizialmente da soli ma una volta racimolati i soldi necessari ad una vita normale, tutta la famiglia li avrebbe raggiunti. Nei suoi primi anni a Carrara, il piccolo Giorgio conosce la sua grande passione, il calcio. Il trasferimento in Galles si rivelò inizialmente un fallimento: lì non si gioca a calcio ma a rugby. Il piccolo, ma già grande Giorgio, viene convocato nella squadra di rugby della scuola.
Sì ok, il rugby è un bel gioco, molto duro ma anche sportivo, anche troppo per il carattere fumino di Giorgio, ma il gusto che ha segnare un gol in un campo di calcio non ha eguali. Chinaglia torna al suo vecchio amore, lascia la palla ovale per quella sferica. Entra subito nelle giovanili dello Swansea, riuscendo anche ad esordire in prima squadra. Il suo carattere però gli gioca per la prima volta un brutto scherzo. I rapporti con il presidente e l’allenatore non sono dei migliori, il calcio inglese è uno sport per gentiluomini, pensare che per loro l’arbitro non sarebbe nemmeno necessario, un gentiluomo sa quando ha commesso un fallo. Giorgio però non è inglese, a lui piace il gioco “maschio”, piace la competizione e l’agonismo, con quella sana ma forse neanche troppo, irriverenza nei confronti degli avversari.
Come back home
Come già detto i rapporti con la dirigenza si incrinarono sempre di più fino a che nel 1966 viene lasciato libero di accasarsi in una nuova società. Coglie la palla al balzo, torna in Italia, a Carrara ed inizia la sua avventura con la Massese. 32 partite e 5 gol in un anno non proprio ricco di soddisfazioni. Come al solito qualche frizione di troppo nello spogliatoio non gli ha permesso di brillare, ma il talento c’è, ormai la sua forza fisica è sotto gli occhi di tutti, Chinaglia si sente pronto per il grande passo. Nel ‘67 arriva la chiamata dell’Internapoli, società partenopea fallita definitivamente nel 2012. Non proprio un club di primo livello. Questa volta però tira fuori tutto quello che ha e in due anni realizza 24 gol, che gli valgono la chiamata della Lazio. La prima stagione in biancoceleste è un successo. L’anno seguente però sarà a dir poco drammatico. La Lazio non vince più, chiunque venga all’Olimpico cammina facilmente sulle macerie di una squadra che non riesce a imporsi.
A fine stagione la squadra si piazza penultima, meritando così la retrocessione in B. Da lì in poi la scalata. La Lazio sceglie come guida tecnica Tommaso Maestrelli, il Maestro, e mai scelta si rivelò più azzeccata. Il ritorno nella massima serie è trionfale. La Lazio appare subito una squadra totalmente diversa da quella retrocessa solo un anno prima. Giorgio Chinaglia è il solito “bisonte” là davanti e con Maestrelli in panchina la squadra si arrende solo all’ultima giornata, terminando seconda in classifica dietro la Juve. Sull’onda lunga di quell’annata si costruisce però la prima Lazio campione d’Italia. L’anno successivo Chinaglia realizza 34 gol stagionali in 42 partite. I biancocelesti si laureano campioni d’Italia alla penultima giornata, il 12 maggio 1974, grazie a un rigore trasformato proprio da Long John.
Take a walk on the wild side
Lo scudetto gli vale la Nazionale, ma se con la Lazio certi atteggiamenti dentro e fuori dal campo sono tollerati, a Coverciano la musica è diversa. Così, dopo un gesto di stizza verso il CT Valcareggi in seguito a una sostituzione, i rapporti tra Giorgio e la Nazionale si incrinano. Con gli azzurri disputa 14 presenza con appena 4 gol. Anche nel club le cose iniziano a logorarsi. Dopo lo scudetto e a causa della malattia del suo mentore Maestrelli, i giorni di Giorgio in Italia sembrano arrivati ormai al capolinea.
Giorgio Chinaglia passa così ai New York Cosmos. Quella in America sarà più di una semplice passeggiata in un campionato folle. Si ritrova in squadra Pelè, Beckenbauer e Carlos Alberto, tre campioni del mondo. Loro però sono ormai al termine della loro carriera, sono lì per sponsorizzare il calcio americano e per dar lustro alle proprie finanze, ma del gioco vero e proprio ci sono pochissime tracce. Giorgio dal canto suo però ha ancora molto da dare, ha solo 29 anni e tanta voglia di continuare a far bene e soprattutto tanta voglia di far gol. In America ne farà una caterva, 231 in 234 partite, numeri da fuoriclasse. Per 4 volte vincitore del SuperBowl e per 5 volte miglior giocatore della NASL, North American Soccer League.
Gli ultimi anni
Nel 1983 torna in Italia per diventare il presidente della Lazio, sogno realizzato ma che si rivelò infruttuoso. Dopo appena due anni è costretto a cedere le quote della società a Franco Chimenti. Nel 1996 è accusato di bancarotta fraudolenta e falso bilancio della Fin Lazio, proprietaria della società biancoceleste. Nel 2006 viene inserito nel registro degli indagati della Direzione distrettuale Antimafia con l’accusa di riciclaggio di denaro per conto del clan mafioso dei Casalesi e di estorsione, il tutto per facilitare la scalata verso la presidenza del club biancoceleste, in cui il clan mafioso voleva investire i propri soldi. Verrà multato per circa 4.2 milioni di dollari per aver ostacolato le indagini della Consob in merito alla Lazio con false dichiarazioni e false prove.
Condannato di nuovo nel 2008 per riciclaggio di denaro, il 1 aprile 2012 si spegnerà definitivamente nella sua casa a Naples, Florida, dopo aver subito un infarto. La morte è stata improvvisa racconta il figlio Anthony: “Mio padre è morto questa mattina intorno alle 9:30. Era stato operato una settimana fa dopo un attacco di cuore. Gli erano stati impiantati 4 stent e l’operazione era andata bene. Era stato rimandato a casa dove sembrava essersi ripreso. Stamattina si era svegliato per prendere una medicina e si era rimesso al letto. Poi sono andato a controllarlo e ho scoperto che non respirava più. Ho provato a rianimarlo ma non c’è stato niente da fare”. Una vita fuori dagli schemi che gli ha prima dato tutto, tra cui l’indimenticabile scudetto e poi tolto tanto, tutto, facendogli vivere gli ultimi anni della sua vita da latitante.