Home STORIE DI SPORT Diego Maradona: El pibe de oro di ogni generazione

Diego Maradona: El pibe de oro di ogni generazione

Maradona è morto, hai sentito?” La notizia ha raggiunto in breve ogni angolo del mondo. Ogni sportivo di questo pianeta, senza saltare alcuna generazione. E pochi minuti dopo il “team Wikipedia” aggiornava sul web la sua biografia: “Diego Armando Maradona (Lanús, 30 ottobre 1960 – Tigre, 25 novembre 2020) è stato un calciatore, allenatore di calcio e dirigente sportivo argentino, di ruolo centrocampista, campione del mondo nel 1986 e vicecampione del mondo nel 1990 con la nazionale argentina”. El pibe de oro è morto. E il 25 novembre 2020 il mondo ha sussurrato all’unisono “Ciao Diego, grazie per tutto”. È stato la salvezza, la speranza, la rivincita, il riscatto. Ma anche la debolezza, la fragilità, la dipendenza, la sconfitta. Un uomo che è stato molto più di un calciatore.

Diego armando Maradona

Diego Armando Maradona e la sua genialità

Ho iniziato a raccogliere le figurine Calciatori Panini all’età di 7 anni. Era il 1996, c’era il Vicenza in serie A, e nella mia cameretta custodivo con orgoglio la maglietta del Milan con scritto Boban sulla schiena. Ma non solo: avevo anche il portafoglio, comprato chissà in una quale bancarella di chissà quale festa di città, di George Weah. Era la stagione calcistica a 1996/97, io tifavo Milan, e Diego Armando Maradona non giocava in Italia già da qualche anno. Se ne andò dal Napoli nel ‘92, eppure di lui ne avevo già sentito parlare tanto.

Avevo sentito che faceva magie col pallone. Più di chiunque altro, e meglio di chiunque altro. Mi era stato raccontato che molti bambini, della mia età o poco più grandi, si chiamavano Diego. E che i genitori avevano scelto di dargli questo nome proprio in onore di Diego Armando Maradona, e delle sue prodezze che, nella seconda metà degli anni ’80, hanno colorato d’azzurro tutta Napoli. Mi era stato anche detto che però, Maradona era un drogato. Si faceva di cocaina. E da essa dipendeva, da tanto tempo, e che tutti lo sapevano. C’è chi lo ha amato e c’è chi lo ha odiato per tutto quello che ha fatto. Ma quando entrava in campo, i suoi piedi e la sua genialità mettevano sempre d’accordo tutti.

La magia di Maradona

Gli sguardi di chi l’ha visto giocare si sono dovuti inchinare davanti ad un gioco del calcio che sembrava più uno spettacolo di magia. Hai presente quando un’illusionista, ti sta parlando, e nel parlarti ti toglie l’orologio dal polso? Solo che tu non te ne accorgi. E quando lui, l’illusionista, ti fa vedere che il tuo orologio è nelle sue mani, allora tu sgrani gli occhi e stupito, gli chiedi: ma come hai fatto?”. Ecco, guardando alcune partite di quegli anni, leggendo articoli, e ascoltando racconti da chiunque, ho capito che quando giocava el pibe de oro, succedeva proprio così: non c’era altro da fare che rimanere a bocca aperta e applaudire.

Se è entrato nel cuore di generazioni ci sarà un motivo. In tv ho visto riprese di vecchie partite. Ho visto la partita del 22 giugno del 1986 in Messico, Argentina-Inghilterra. E ho capito che se vuoi spiegare a qualcuno chi fosse realmente Diego Armando Maradona, allora devi vedere proprio quella partita. Perché là dentro c’è tutto. C’è la speranza, il riscatto. C’è la rivincita di un paese intero: sono bastati un goal chiamato “la mano de dios”, e un altro che, ancora oggi, non trova eguali. Era l’uomo che incarnava una Nazione, la sua liberazione e il ritrovato orgoglio.

Maradona può. Napoli può

Alessandro Del Piero ha detto: “Credo che uno dei grandi privilegi di chi fa questo mestiere sia dare felicità alla gente, e lui certamente rappresenta meglio di tutti questo concetto”. E forse è stato proprio così. È arrivato in alto, e ha conosciuto abissi profondi in cui nessuno di noi vorrebbe mai vivere. Ha realizzato il sogno di alzare la Coppa del Mondo, e ha ceduto davanti alla cocaina. È stato genialità pura, ma senza regole. È stato amore, ed è stato odio. Quando arrivò a Napoli c’erano 85.000 persone ad accoglierlo, quando se ne andò dalla città, era solo. Un’icona sportiva che ha fatto la storia del calcio mondiale, con un’anima malinconica costretta a vivere due vite quasi parallele: quella di Diego e quella di Maradona.

Non è un giocatore del Napoli, ma di Napoli. Non il capitano del Napoli, ma di Napoli. E come tale si esprime. Maradona può. Napoli può”. Scriveva così il giornalista Gianni Mura in un suo articolo dell’85. C’è il calciatore e la leggenda, c’è l’atleta e c’è l’uomo: el dies incarnava tutto dell’eroe popolare: invincibile e umano. Così si spiegano le scene di disperazione: Diego Armando Maradona lascia una terra dove in molti l’hanno proclamato il Salvatore. Mentre per altri era semplicemente parte della propria vita.

Diego Maradona: “Non sono un esempio, sono un calciatore”

Noi andiamo in campo per far felice la gente” disse Maradona dopo la vittoria del primo storico scudetto del Napoli. E questo Maradona fu anche lo stesso che della sua sregolatezza disse non sono un esempio, sono un calciatore”. Credo che lui più di chiunque altro sapeva chi fosse realmente, e più di chiunque altro aveva capito di aver sbagliato. Forse, però, lo aveva capito troppo tardi. Ribelle. Disonesto. Eroe. Dio. È stato tutto questo. Colui che in campo dava tutto, e dimenticava tutto il resto. Amava il calcio, e con il pallone fra i piedi cancellava dalla sua testa e da quella dei tifosi tutti problemi della vita vera. È stato il miglior giocatore della storia, ed esserlo non è stato facile. Non sappiamo cosa significhi portare nel bagaglio della propria vita un peso come quello del suo successo. Credo che sia per chiunque impossibile da immaginare. Un successo per il quale alla fine ha dovuto pagare un prezzo.

Non c’è più Maradona, e ciò che ne resta non è solo il suo mito, ma anche la magia a cui molti proveranno ad ambire e che pochi sapranno eguagliare. È stato la massima espressione del calcio. E nello sport, e forse anche al di fuori dello sport, Diego Armando Maradona oggi è patrimonio di tutti. Genio e sregolatezza insieme in una vita tormentata. Tante debolezze e gesti sbagliati che giudicherà qualcun altro al di sopra di noi. Ma non noi. Scrivere di Maradona non è facile. Soprattutto per chi come me non ha la fortuna di poter canticchiare “ho visto Maradona, ho visto Maradona”. E allora come molti, me lo immagino andare via così: stop di petto, palleggio di ginocchio, e calcio di sinistro. Ciao Diego, tu che nel teatro della vita, sei stato tragedia, commedia, ma che sul palco del calcio hai recitato solo poesia.

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