Home STORIE DI SPORT Il clan Maddaloni, la rinascita di Scampia

Il clan Maddaloni, la rinascita di Scampia

La palestra di Gianni Maddaloni è da tempo un’istituzione nella periferia di Napoli. Con dedizione, allenamento e rispetto ha formato e sfornato dei campioni assoluti. I “figli” di Maddaloni hanno raggiunto le vette più alte del Judo mondiale, rivalutando e dando speranza ad una periferia troppo spesso abbandonata a sé stessa.

Il clan Maddaloni all'esterno della palestra
Il Clan Maddaloni

La storia

Dai tatami della Star Judo club di Scampia, all’Oro Olimpico. Questa è la storia di Pino Maddaloni, ma più in generale di tutto “il clan” Maddaloni. Il progetto nasce dalla voglia di papà Gianni Maddaloni di dare ai giovani, un’alternativa alla strada. In un territorio difficile come quello di Scampia, O’ Maè, ha creato un luogo di ritrovo per persone di tutte le età, sesso ed estrazione sociale. Si è imposto come Maestro di vita e secondo padre per quei ragazzi (molti) che il padre lo hanno lontano. Ha insegnando loro i valori del Judo e della vita: Educazione, Coraggio, Sincerità, Onore, Modestia, Rispetto, Controllo di sé, Amicizia.

In un’intervista all’emittente La7, ha affermato che: “La tentazione è figlia delle poche opportunità”, e lui è riuscito a togliere il modello camorrista e ad inserire il modello Maddaloni, dove nulla è impossibile, neanche vincere le Olimpiadi partendo dalle Vele. La storia di Gianni è la storia di molti scugnizzi napoletani e quello che vuole trasmettere ai suoi atleti è proprio questa sua vicinanza. Anche lui ha passato momenti brutti nella vita, ma grazie allo sport è riuscito ad uscirne. Dopo la morte del padre, Gianni, stava per prendere una brutta strada, quella che ti acceca inizialmente con i (tanti) soldi, ma che logora solamente l’animo. Gianni, come ha sempre raccontato, ha avuto la fortuna di incontrare la persona giusta nel momento giusto, il maestro Enrico Bubani, detto il Lupo, che lo ha avvicinato allo sport, in particolare al Judo, togliendolo dalla vita di strada. L’obiettivo di O’Maè è diventare quello che il Lupo è stato per lui, un’ancora di salvezza per tutti quei ragazzi che non vedono alternative alla malavita.

Pino Maddaloni festeggia la vittoria

Pino Maddaloni, l’oro di Scampia

Giuseppe “Pino” Maddaloni, classe 1976, è un ragazzo cresciuto in uno dei quartieri più malfamati d’Italia. Era un bambino sovrappeso e con le caviglie fragili, perciò in difficoltà sul tatami. Cresce e migliora nei punti deboli e si presenta alle Olimpiadi del 2000 senza i favori dei pronostici. Le medaglie di campione italiano e europeo non bastano al grande pubblico. O’ Maè per supportare suo figlio nella lontanissima Sydney, dovette vendere la sua adorata Yamaha. Con il senno di poi non ci sarebbe stata scelta migliore. Il percorso di Pino è netto, senza particolari inciampi fino alla semifinale, in cui il bielorusso Laryukov lo impegna più del previsto. Si trova addirittura sotto nel punteggio, ma grazie ad un “ippon” (schienamento) fenomenale si aggiudica l’accesso alla finale.

Nonostante la medaglia già in tasca, si percepisce in Pino una voglia e una spinta in più rispetto al suo avversario, data da tutti i sacrifici e a tutte le difficoltà che ha dovuto superare. L’incontro è alla pari e a fare la differenza ancora una volta sono gli insegnamenti del Maestro. La sera prima dell’incontro spiegò al figlio come, secondo lui, avrebbe attaccato l’avversario e come reagire di conseguenza. Quella sera, il brasiliano Camilo, fa esattamente ciò che O’Maè aveva previsto e Pino non può far altro che rendere orgoglioso suo padre e far salire sul tetto più alto del mondo tutta Scampia. Una vittoria insperata ma che ha riempito il cuore di tutti gli italiani. Perché un successo di un ragazzo di periferia, è un successo che vale doppio.

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