Verdasco positivo al doping: squalifica troppo breve?

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Il tennista spagnolo Fernando Verdasco, 39 anni, è risultato positivo a un test anti-doping, ma è stato squalificato solo per 2 mesi. Troppo poco?

Fernando Verdasco squalificato solo per 2 mesi

Squalificato solo per 2 mesi: ma la sanzione poteva essere annullata

I casi di doping nel tennis non sono così frequenti, ma sicuramente fanno discutere molto. L’ultimo in ordine cronologico è quello che riguarda il tennista spagnolo Fernando Verdasco, 39 anni ed ex numero 7 del mondo. Il giocatore iberico è risultato positivo – in seguito a un test anti-doping effettuato nel mese di febbraio di quest’anno durante un torneo Challenger – al metilfenidato. Ciò che sta facendo discutere gli appassionati di tennis è il fatto che il giocatore sia stato sospeso solo per 2 mesi – la sospensione terminerà il prossimo 8 gennaio – tra l’altro in un periodo in cui generalmente gli atleti di alto livello non giocano tornei ufficiali. In sostanza, la sanzione non avrà alcuna influenza sulla classifica del giocatore e sulla possibilità disputare eventi importanti, visto che Verdasco potrà giocare le qualificazioni al prossimo Australian Open. Ma perché la squalifica è stata così breve?

Lo spagnolo assumeva la sostanza proibita come farmaco per l’ADHD, diagnosticato all’ex finalista del torneo di Monte-Carlo. Fernando aveva infatti un’esenzione a scopo terapeutico (TUE), che però si era dimenticato di rinnovare ed era quindi scaduta nel periodo in cui era stato sottoposto al test anti-doping. Nonostante avesse violato il regolamento vigente in materia di doping, allo spagnolo è stata riconosciuta l’attenuante dell’involontarietà. L’ITIA (International Tennis Integrity Agency) ha fatto sapere che avrebbe anche potuto annullare la squalifica, visto che poi il giocatore ha rinnovato l’esenzione. Ma Verdasco non ha voluto avvalersi del principio del TUE retroattivo, e ha accettuato la squalifica a partire dall’8 novembre del 2022. Tutto sembra quindi essersi risolto nel migliore dei modi per Verdasco, e appare scorretto parlare di squalifica troppo breve. Il giocatore avrebbe infatti potuto assumere quella sostanza senza violare alcuna regola, se avesse rinnovato l’esenzione – come è poi avvenuto in seguito.

Gli altri casi: da Halep a Sharapova

Altri casi di doping nel tennis, più o meno recenti, sono andati in modo molto diverso. Poco più di un mese fa, è stata Simona Halep a risultare positiva in seguito a un test effettuato durante gli ultimi US Open. La rumena avrebbe assunto il roxadustat, un farmaco proibito secondo il regolamento dell’anti-doping, poiché in grado di aumentare la produzione di eritropoietina. Simona, dopo aver ricevuto comunicazione della sua positività, ha definito la notizia come “lo shock più grande della mia vita” e ha dichiarato che farà di tutto per “provare che non ho mai assunto consapevolmente alcuna sostanza proibita”. L’ITIA, attraverso un comunicato ufficiale, ha fatto sapere che la giocatrice ha esercitato il suo diritto a richiedere l’analisi del campione B, che ha confermato gli esiti relativi al campione A. La sospensione è ancora provvisoria e la numero 9 del mondo dovrà restare ai “box” per un periodo indefinito.

Il caso più discusso, seppur ormai piuttosto datato, resta sicuramente quello che ha coinvolto Maria Sharapova nel 2016. La giocatrice russa fu squalificata per 2 anni a seguito dell’utilizzo del Meldonium, farmaco che la stessa pluricampionessa Slam ammise di aver assunto continuativamente per dieci anni. Il problema è che quel farmaco era stato aggiunto dalla WADA alla lista delle sostanze proibite a partire dal 1° gennaio di quell’anno, senza che – a quanto pare – “Masha” se ne fosse accorta. In seguito, la tennista avrebbe dichiarato che la colpa di quanto accaduto fosse del suo agente. Avrebbe dovuto controllare la lista e informarla, ma stava attraversando alcuni problemi personali e non lo fece. Nonostante il riconoscimento dell’involontarietà di Maria, la colpa della tennista fu quella di non aver controllato. Il TAS avrebbe poi ridotto la squalifica a 15 mesi. Anche in questo caso, non appare corretto parlare di inguistizia.

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