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Papa Francesco sbatte lo sport in prima pagina

Papa Francesco ha messo lo sport al centro dell’intervista alla Gazzetta. E non ha dissimulato di volergli dedicare un’intera enciclica. Parla di Maradona come di un poeta, del sacrificio e della semplicità dello sportivo. Fra i tanti temi approfonditi, la parola “inclusione” brilla come un ponte fra le persone. Anzi, fra i cittadini. Italiani e non.

La conversazione fra Papa Francesco e il giornalista Pier Bergonzi, di cui questo è il post di lancio su Facebook, è stata pubblicata sulla Gazzetta dello Sport il 2 gennaio.

Papa Francesco: “Ho incontrato Diego Armando Maradona”

Il periodo della pandemia è caratterizzato da gare sportive improntate alla solidarietà. La lunga chiacchierata del papa con la Gazzetta dello Sport dello scorso 2 gennaio si è concretizzata, nella prima parte, attorno a sette parole chiave che ben riassumono gli ultimi mesi. Lealtà, impegno, sacrificio, inclusione, spirito di gruppo, ascesi, riscatto. Francesco ha messo al centro la semplicità e il divertimento, più che la teologia. Ma ha tratto anche spunto da parabole e passi dei Vangeli. In particolare, il Pontefice si è concentrato sul lavoro che il talento è chiamato a fare. Essere portati per uno sport non significa automaticamente avere successo. Ma, al contrario, è compito dello sportivo impegnarsi come un tagliatore di gemme che manipoli il diamante.

Un diamante come Maradona che, recentemente scomparso, ricorre nelle parole del Pontefice. Un “poeta”, viene definito, cioè una persona capace di dare una nuova lettura alla realtà e trasformarla. Sia in campo che fuori. Mentre, nel privato, emergevano le fragilità. La reazione della città di Napoli alla scomparsa del campione ci fa capire quanto il mito vada al di là dei meriti sportivi. Non è un caso che esista anche la bizzarra, e molto poco francescana, Iglesia Maradoniana. Tra l’altro, sport e religione sono collegati dalla parola “sacrificio”. Come ha sottolineato il papa nell’intervista, “sacrum-facere è dare sacralità alla fatica. A nessuno piace fare fatica […]. Se, però, nella fatica riesci a trovare un significato, allora il suo giogo si fa più lieve”.

Papa Francesco e Diego Armando Maradona condividono la nazionalità Argentina. Qui, il “poeta” immortalato nella “mano de Dios” contro l’Inghilterra il 22 giugno 1986.

Sport come cittadinanza e comunità

Non aveva certo in mente il decreto sicurezza, il papa. Una misura che, nel 2018, aveva allungato l’iter burocratico per conferire la cittadinanza del nostro Paese. Sono tanti, infatti, gli atleti che hanno un documento “straniero” ma che si riconoscono quali italiani. Come Danielle Madam, campionessa di getto del peso, alla quale sono precluse le gare ai livelli più alti. Ma che lo sport sia innanzitutto cittadinanza dell’anima, fratellanza e luogo per costruire la propria identità ce lo mostrano in tanti. Come i nuotatori “etero-friendly” dell’associazione Gruppo Pesce Roma e gli sportivi di Libera Rugby.

Il tema, apparentemente astratto, è presente nell’ordinamento italiano con la Legge numero 12 del 2016. Lo “ius soli sportivo”, infatti, ha dato il la al progressivo riconoscimento della cittadinanza sportiva. La norma si rivolge agli under18 “che non sono cittadini italiani e che risultano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età”. E permette loro di tesserarsi presso “società sportive appartenenti alle federazioni nazionali” al pari dei colleghi italiani.

L’allenatore come protagonista invisibile

Il Pontefice si è soffermato anche sul ruolo dell’allenatore. Ossia la figura che “scommette” e “investe” sullo sportivo. Ma che, proprio come il paroliere di una grande canzone, riceve poca attenzione. E che ha il compito di allenare non solo i muscoli ma anche l’anima. Come? Attraverso l’incoraggiamento, la motivazione, la visione. E che, da buon maestro, sa lasciare la ribalta al suo “discepolo”.

Dall’intervista alla Gazzetta dello Sport emerge che il rapporto fra atleta e allenatore sarebbe improntato alla fiducia e alla “fede” reciproca. Una fede sportiva che, soprattutto nel calcio, si traduce in celebrazione e liturgia. “Lo sport, quando è vissuto bene, è una celebrazione: ci si ritrova, si gioisce, si piange, si sente di ‘appartenere’ a una squadra” – ha continuato papa Francesco. In effetti, sono tante le realtà che fanno dello sport il perno della comunità. Per esempio, il calcio sociale al Campo dei Miracoli a Corviale, nella periferia di Roma. Ma anche la squadra di atletica leggera della Città del Vaticano. E poi va a finire che, in attesa dell’elezione del nuovo papa, i cardinali improvvisino una partita a pallavolo. Come nel film “Habemus Papam” di Nanni Moretti.

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