MMA: a che punto sono le Mixed Marzial Arts?

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Nell’ottobre del 2018, il main event di MMA tra Conon McGregor e Khabib Nurmagomedov, ha fatto segnare quasi 2milioni e mezzo di acquisti Pay-Per-View, più di 20mila spettatori nella T-mobile arena di Las Vegas e oltre 17milioni di dollari d’incasso proveniente solo dai biglietti staccati all’ingresso. Sciorinare numeri non ci fa impazzire ma questa volta era necessario per puntare l’attenzione sulle Arti Marziali Miste. Uno sport in continua crescita che rischia, come spesso capita nel contesto delle discipline da combattimento, di scivolare nel puro show business. 

A sx McGregor nella sua posa classica si prepara a prenderle da Nurmagomedov

Che cosa sono le MMA?

Le Mixed Martial Arts (MMA) non sono uno sport olimpico: iniziamo dal tracciare un confine in cui muoverci. Questo rende le MMA meno sport di altri? Assolutamente no, pensiamo a tutte le discipline sportive che non rientrano nel medagliere olimpico eppure hanno un certo peso mediatico e di pubblico. C’è poi una piccola contraddizione nel rapporto tra MMA e Comitati Olimpici. Infatti, all’interno della manifestazione sportiva per eccellenza, figurano (quasi) tutte le discipline marziali che compongono le MMA. Il Judo, la lotta Greco-Romana, il Taekwondo e ovviamente il Pugilato: discipline per cui atleti di tutto il mondo si sfidano ogni quattro anni sotto il braciere e i cinque cerchi.

C’è poi da aggiungere che le MMA per come sono oggi, sono un movimento sportivo giovane. Nascono in quella zona grigia degli sport da combattimento che è a cavallo tra il Madison Square Garden e un Fight Club organizzato nello scantinato di zio. Nulla di cui stupirsi: molti dei pugili più acclamati della storia hanno iniziato la propria carriera nella clandestinità. La fortuna delle MMA si è chiamata UFC (Ultimate Fighting Championship), ovvero l’organizzazione (privata) che organizza i maggiori eventi internazionali di Arti Marziali Miste e, in un certo senso, ne possiede il marchio. 

Dana white mma
Dana White, presidente UFC

Impossibile, infatti, trattare di MMA senza parlare dell’UFC. Nata come la manifestazione per trovare il combattente più forte del mondo, si è dovuta lentamente reinventare per essere accettata come sport dal grande pubblico. Inizialmente, infatti, l’UFC era il (piccolo) palcoscenico internazionale del vale tudo brasiliano, in cui atleti di vari stili di combattimento si affrontano in match senza regole. Una cosa che sarebbe stata popolarissima nella Roma di Catilina, un po’ meno sugli schermi delle televisioni degli Stati moralisti d’America. Che poi non si capisce perché due atleti che se le danno di santa ragione no, invece i fucili d’assalto ai 16enni sì, ma rischio di andare fuori tema.

Dalle polemiche al successo

Per buona parte degli anni ‘90, le MMA vennero tenute lontane dai grandi palcoscenici, relegate e degradate a sport minore: uno spettacolo violento che viene vietato in diversi Stati degli USA. Sono gli anni 2000 a dar nuovo volto al circuito. La svolta parte innanzitutto dalla definizione di regole da adottare negli eventi di MMA. L’UFC decide di inserire le classi di peso nel proprio ranking, elimina gli elementi più sgraditi dello spettacolo. Vengono poi introdotti i guantini obbligatori e definiti i colpi proibiti (colpi alla nuca, dita negli occhi, soccer kick).

La cura d’immagine funziona e le MMA conquistano i grandi palcoscenici nord americani e, soprattutto, iniziano a vendere gli incontri in Pay-Per-View come mai era successo fino ad allora. Con regole più stringenti e un palcoscenico mediatico in crescita, aumentano anche gli atleti. Più atleti uguale più eventi: più investimenti e un’organizzazione migliore riescono quindi ad aumentare la competitività dei lottatori. I primi anni del nuovo millennio segnano l’ascesa dell’UFC. Tramite un attento restyling prima, e una serie di acquisizioni e fusioni con altre competizioni poi, diventa presto il principale (diciamo unico) palcoscenico internazionale delle MMA.

Il cast di una delle ultime edizioni di The Ultimate Fighter (Photo by Jeff Bottari/Zuffa LLC/Zuffa LLC via Getty Images)

La grande rivoluzione mediatica per le MMA e l’UFC arriva nel 2003 con il lancio della trasmissione televisiva The Ultimate Fighter: un reality sui lottatori. A parteciparvi erano lottatori di MMA che si contendevano un contratto di 6 incontri in UFC. La trasmissione ebbe un successo istantaneo e fu replicata per altre 14 stagioni, decretando ufficialmente l’ingresso dell’UFC nel palinsesto mainstream. Da allora, i numeri furono in continuo aumento. Con l’UFC 52, il primo evento dopo il debutto di The Ultimate Fighter, si registra un nuovo record con 300mila acquisti in PpV che diventano più di 400mila nell’anno seguente. Il successo incrementa costantemente per tutti gli eventi successivi, fino ad arrivare ai giorni nostri: a Khabib vs. McGregor e i loro 2 milioni e passa di spettatori.

MMA: con il successo, nuove polemiche

Un volume eccezionale di pubblico e, quindi, di soldi. Per quello stesso match dei record, sia McGregor che il suo avversario ricevono rispettivamente 3 e 2 milioni di dollari solo per entrare nell’ottagono. Nessun bonus per il vincitore. Il campione irlandese, “the notorious”, che non si vedeva su un ring da due anni. Un match che non ha avuto storia dall’inizio alla fine, essendo Khabib nettamente superiore all’avversario. Più dell’incontro, è stato l’avvicinamento a quel match che ha fatto spettacolo.

McGregor vs Nurmagomdov già in conferenza stampa

Conferenze stampa al vetriolo, gli scontri verbali via social e le manifestazioni di aggressività gratuita sono abbastanza comuni negli sport-spettacoli di combattimento. Ne sanno qualcosa gli appassionati di boxe ma anche quelli di altri sport: pensate alle eterne polemiche e rivalità nel calcio, per dirne uno. Le MMA non sono mai state da meno ma quello che più volte ha fatto storcere il naso agli appassionati, è stata proprio l’eccessiva eco mediatica data ai comportamenti, agli atteggiamenti e alla vita degli atleti fuori dall’ottagono.

Rendere gli atleti dei personaggi da palcoscenico, fa dell’ottagono un palcoscenico? Pensiamo proprio di sì, altrimenti un attore non sarebbe tale senza uno stage sotto i piedi. Ma l’ottagono può essere un palcoscenico? Certo che sì, finché offre lo spettacolo per cui è stato concepito: incontri di MMA, in cui il conto in banca di uno o dell’altro fighter, i gusti sessuali, la provenienza, il credo e le capacità dialettiche non dovrebbero essere parte dello show.

Un piccolo esempio di MMA Old School
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