Raggiungere limiti ponderali atti al successo sportivo e al proseguimento della carriera. Questa è la persecuzione a cui venivano sottoposte molte atlete adolescenti e non solo, della ginnastica ritmica. Limiti che travalicano parametri psicofisici della normalità. Lasciando per un momento da parte l’aspetto delle Federazioni che consentono tali limiti di peso, abbiamo voluto analizzare il fatto da un punto di vista psicologico. O socio-psicologico.
Ginnastica ritmica o annichilimento dello sport?
Annichilimento significa letteralmente distruzione totale. In fisica l’annichilazione è il risultato dell’interazione di una particella subatomica con la sua antiparticella. L’antiparticella ha caratteristiche opposte alla particella protagonista. Un esempio scientifico, che disegna bene la distruzione dello sport di cui si legge in questi giorni.
Aprire il giornale e apprendere che delle ragazzine che fanno sport vengono umiliate e tormentate, portate allo stremo delle forze fisiche ma ancora prima mentali, è avvilente. Un annichilimento dello sport e, in fondo, una sconfitta sociale.
Nell’epoca della libertà, della democrazia, dei diritti questo scempio è un fatto che riguarda tutti e diventa sociale se non antropologico perché, per l’ennesima volta, quando c’è un oppresso e un oppressore si assiste al drammatico epilogo in cui l’orco viene protetto. Quindi la tragedia si consuma all’interno, con la complicità della vittima. Senza contare che questi limiti ponderali vengono imposti, o comunque accettati dalle federazioni stesse. Medaglie e successo della squadra ritmica nazionale non sono sufficienti a giustificare questa prassi. Certo, la società in cui conta il successo avrà un peso, e quello è solo un altro drammatico tassello di questa triste storia.
Un silenzio complice, la paura del tradimento
Infatti, la bramosia di successo che ci riguarda tutti può aver accecato anche i genitori che non hanno colto queste persecuzioni. Ma neanche questo è abbastanza per giustificare questa omertà collettiva. Certamente il motivo dell’oscurità e del gran segreto in cui queste vessazioni avvenivano è ancora prima che sociale, più profondo. Riguarda la natura psicologica. O meglio attiene alla sfera della psicologia sociale. Così spiega lo psichiatra e psicoterapeuta Giuseppe Resca al quale abbiamo chiesto un’analisi sul motivo della suddetta complicità data dal silenzio delle giovani atlete della ginnastica ritmica.
“Il soggetto (qualunque soggetto appartenente alla comunità umana), è prima che individuo un animale sociale. Come tale, subisce il maggiore dei tabù sociali: non può tradire il suo gruppo di appartenenza. Mettiamoci nei panni di una qualsiasi di quelle atlete, che hanno subito per anni i soprusi suddetti: se avesse denunciato, avrebbe messo in questione anche i comportamenti delle colleghe? Avrebbe implicitamente costretto le altre a seguire la stessa sorte. E con quale coraggio avrebbe potuto sopportare la responsabilità dei suoi atti, che mettevano a rischio una intera comunità? Che è poi quello che è successo. Dopo la prima denuncia infatti, molte altre hanno fatto seguito fino ad aprire lo scandalo. Perché c’è sempre qualcuno che parla per tutti, al posto di tutti. Per fortuna.” Onore al merito a quella ragazza, ma soprattutto un gran ringraziamento da tutti noi.