È la notte tra il 5 e il 6 settembre quando il 21enne William Monteiro Duarte viene ucciso da un brutale pestaggio. Su giornali e telegiornali spuntano le foto dei presunti assassini con muscoli e atteggiamento pugilistico. Esce fuori che i due praticano le MMA. La sofferenza della famiglia Duerte passa in secondo piano rispetto all’immaginario di un “mostro” che si annida nella palestra. Gli aggressori, di età compresa fra i 20 e i 26 anni, avrebbero sfruttato le tecniche apprese nella palestra di Lariano (Rm) per aggredire in gruppo un ragazzo di corporatura esile.
Le Mma e l’omicidio di Colleferro. Commenti social: “Anche l’istruttore è responsabile”
Abbiamo assistito alla demonizzazione delle Mma da parte dell’opinione pubblica. Ma le Mma riguardano l’episodio di Colleferro solo in virtù degli aggressori. I quali vengono dipinti come dei “robocop” viventi. Complici anche gli scatti presenti sui social a torso nudo e in posizione da combattimento. Nella vicenda è stato tirato in ballo anche Luca Di Tullio, istruttore della palestra Mma Academy frequentata dai fratelli Bianchi a Lariano. I social si sono riempiti in pochi giorni di centinaia di opinioni avverse al maestro e alla disciplina. Le opinioni presenti sui social vengono espresse sia da cittadini comuni che da professionisti delle scienze sociali. Gli episodi di odio nello sport sono all’ordine del giorno. Ma, in questo caso, siamo di fronte a un episodio più grave. Tuttavia, i commenti a volte sembrano peccare di superficialità.
“L’Italia è un paese pieno di pace che sta importando questo sport da un paese pieno di violenza“, commenta su Facebook il professor Alessandro Orsini, sociologo e direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della LUISS. “Il MMA – prosegue il professor Orsini scegliendo di usare un articolo determinativo singolare maschile per indicare un’arte (femminile) marziale (neutro) mista (plurale) – venera i combattenti americani che alzano le mani per qualunque stupidaggine“. Ma delle 14 classifiche dell’UFC, solo 2 sono i campioni americani. “Se vengo a sapere che un mio allievo ha litigato in discoteca o si è messo in qualche brutto guaio, lo caccio subito senza passare per il via, senza aspettare le scuse“. Questo il commento di Alessio Sakara, peso mediomassimo e lottatore professionista di Mma. “E adesso chi dovrebbe metterci la faccia è il loro allenatore, è lui che dovrebbe chiedere scusa perché è lui che lascia in giro questa gente“, spiega nell’intervista ad Adnkronos in risposta ad altri commenti.
Le Mixed martial arts dal pancrazio… alla zuffa?
Una delle immagini che vengono in mente pensando alle Mma è un ring chiuso da reti metalliche. E due atleti che se le danno di santa ragione. Lo stile free potrebbe ricordare gli allenamenti di CrossFit. Ma occorre andare oltre le rappresentazioni cinematografiche, anche nel caso delle Mma collegate all’omicidio di Colleferro. Nel nostro paese lo sport fa capo alla FIGMMA – Federazione Italiana Grappling Mixed Martial Arts. La quale, nel 2012, ha inaugurato il settore professionisti per uniformare le regole, garantire la sicurezza degli sportivi e promuovere le manifestazioni. Le Mma consentono l’utilizzo delle arti marziali e delle tecniche di combattimento come lotta libera e pugilato. Inoltre, troviamo il loro più antico antenato nel pancrazio greco.
Qualcuno potrebbe pensare che le Mma siano al limite fra sport e zuffa. Ma, al contrario, vi sono delle regole ben precise. Innanzitutto occorre compiere una distinzione fra dilettantismo e professionismo. Il primo prevede il contatto pieno, il knockout e regole più severe. Per esempio, gli amatori hanno l’obbligo di indossare attrezzatura protettiva e non possono attaccare l’avversario con gomitate e ginocchiate alla testa. Tra l’altro, esiste anche un regolamento per le Mma “safe” che prevede un contatto leggero. Per chi oggi volesse assistere a un incontro, ricordiamo la manifestazione milanese Oktagon.
La sovrapposizione fra la disciplina e chi la pratica
Stiamo assistendo a una non banale sovrapposizione fra la disciplina, da un lato, e il background di chi la pratica e chi la insegna, dall’altro. Identificando le arti marziali con l’aggressività. Innanzitutto, occorre ricordare che i fratelli Bianchi non pratica(va)no le Mma a livello professionistico. Inoltre, le arti marziali presuppongono l’autocontrollo e la disciplina. Tra l’altro, si sottolinea la funzione benefica di tale sport. Il quale permette di scaricare le energie negative in modo costruttivo.
Sembra strano parlare di legalizzazione delle Mma. Ebbene, in Francia e Canada sono rientrate nel perimetro della legge a partire, rispettivamente, dal 2008 e 2013. Inoltre, in Australia le autorità hanno vietato l’utilizzo della “cage”. Al contrario, nello stato di New York, in America, sono vietate: e chi sa se faccia più danni la violenza sociale o la sua repressione, giusto per rimanere in ambito americano. Una presa di posizione che piacerebbe al giornalista Massimo Giannini che, su Twitter, propone di “bandire certe discipline ‘marziali’ e chiudere le relative palestre”. Ma occorre operare una distinzione fra disciplina e soggetti che la praticano. Rivolgiamo l’invito ai professionisti dell’informazione ad andare oltre la logica dei clic. Quindi, è proprio il caso di dirlo, non si può fare di tutta l’erba un fascio.