Brescia, Inter, Reggina, e poi i dieci lunghi anni al Milan, per poi finire la carriera alla Juve. Andrea Pirlo è anche campione del mondo nel 2006 e uno dei tre azzurri, insieme a Daniele De Rossi e Mario Balotelli, ad aver segnato in tutte le competizioni disputate dalla Nazionale. Ma ha anche dei difetti.
Leader silenzioso since 1995
Marcello Lippi lo ha definito un leader silenzioso che parla coi piedi; è stato accostato a Gianni Rivera per alcune caratteristiche, nel 2020 è entrato nella Hall of Fame del calcio italiano: è Andrea Pirlo il maestro del calcio italiano. A maggio riceverà il prestigioso premio, solo una delle tante cose rimandate causa pandemia. Infatti, il premio gli è stato ufficialmente conferito a febbraio di due anni fa. Ma deve ancora ritirarlo. Inoltre, sabato 12 marzo 2022 si è sposato per la seconda volta con la madre dei due gemelli nati nel 2014 a New York, Valentina Baldini. Un weekend intenso in cui si è molto parlato del centrocampista.
Certo che di lui nel calcio se ne parla da sempre. Precisamente dal 1995, data del suo esordio in Seria A, all’età di 16 anni col Brescia, nel match contro la Reggiana. Un giovanissimo Pirlo che appena tre anni dopo venne ingaggiato dall’Inter. Dopo 32 presenze con i neroblu l’anno successivo va alla Reggina dove gioca il suo primo campionato da protagonista. Ma è al Milan che afferma le sue qualità raggiungendo l’apice della sua carriera. E’ il 2001 e con l’allenatore Ancellotti torna a giocare nel ruolo originale, quello che giocava col Brescia, davanti alla difesa. Quando è al Milan vince tutto a livello internazionale: 2 Champions League, una Supercoppa Uefa, due Supercoppe UEFA, Coppa Italia, Coppa del Mondo per club Fifa, campionato italiano. Palmarès che si arricchirà nei suoi ultimi quattro anni di carriera in Italia con la Juventus con cui vince altre due Supercoppe italiane, un’altra Coppa Italia e quattro scudetti.
Andrea Pirlo: una carriera lunga 949 partite
Quanto ha vinto è solo una parte della grandezza di Pirlo in campo. I premi nei giochi di squadra sono il risultato dell’incontro di tanti campioni, di un team, appunto. Eppure lui in campo era ed è il maestro, che è il suo soprannome. Riconosciutogli in tutto il mondo, ben esprime la sua importanza nel gioco.
Fulcro del campo e punta di diamante grazie ad una peculiarità: i suoi calci di punizione. Proverbiali e indimenticabili per i portieri delle squadre avversarie e per i suoi tifosi che, grazie a quei tiri, hanno gioito tante volte. 111 per l’esattezza. Il numero di reti segnate in tutta la sua carriera, una carriera lunga 23 anni e 949 partite. Tra queste anche la finale contro la Francia, nel 2006, dove è stato rigorista titolandosi campione del mondo. Altro segno particolare? Pirlo è uno dei tre calciatori azzurri ad aver segnato nelle tre competizioni principali disputate dalla Nazionale, il Mondiale, l’Europeo, la Confederations Cup.
A febbraio 2020 entra nella Hall of Fame. A ragion di causa, dunque. La “Hall of Fame del calcio italiano” è il riconoscimento istituito nel 2011 da Fondazione Museo del Calcio e FIGC per celebrare i giocatori che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del calcio italiano. Così, a partire dalla prima edizione, in cui protagonista fu Roberto Baggio, si sono susseguiti Paolo Maldini, Franco Baresi, Fabio Cannavaro, Gianluca Vialli, Giuseppe Bergomi, Alessandro Del Piero, Francesco Totti, Andrea Pirlo e, dopo di lui, Alessandro Nesta. Ognuno di loro deve consegnare al museo del Calcio un cimelio della propria carriera. “Non so cosa porterò, sceglierò tra maglie e palloni che ho a casa. E’ una grande emozione e un grande onore” ha poi detto il campione.