L’analisi condotta dall’Osservatorio AIC ha evidenziato, in linea generale, un aumento dei casi di minacce ed intimidazioni ai giocatori rispetto alle stagioni precedenti. Si definisce anche un cambiamento nelle motivazioni e nelle modalità di realizzo degli episodi. Il “razzismo” resta ancora tra le principali motivazioni e i social acuiscono il fenomeno
Aic, ecco i dati dell’ottavo report
Si insulta, minaccia e intimidisce al Nord come al Centro-Sud, nei campionati giovanili e in Serie A. Con la riapertura degli stadi, al termine delle limitazioni imposte dalla pandemia, i calciatori sono tornati ad essere oggetto di insulti, minacce e intimidazioni. Come singoli e come squadre, dai propri tifosi e da quelli avversari, cori razzisti e messaggi xenofobi, insulti verbali e minacce fisiche, in particolare verso i calciatori di vertice. Con una concentrazione verso gli atleti stranieri.
È quanto emerge dal l’ottavo report Aic ‘Calciatori sotto tiro‘, presentato oggi a Roma nel Centro Sportivo Polizia di Stato di Tor di Quinto. Tra i presenti il Presidente Aic Umberto Calcagno, il Ministro per lo Sport Andrea Abodi, il Presidente Figc Gabriele Gravina e Paolo Cortis, Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive del Ministero dell’Interno che ha collaborato
alla presentazione del Rapporto. Nella stagione 2021/2022, raccogliendo informazioni da fonti pubbliche o segnalazioni dirette, l’Aic ha censito 121 casi in cui i calciatori sono stati fatti oggetto
di offese, minacce e intimidazioni. Nell’85% dei casi censiti, i campionati più a rischio sono stati quelli professionistici.
Gravina: “Ci vogliono interventi mirati”
I calciatori sono stati presi di mira principalmente come singoli (83%), soprattutto dentro gli stadi (60%) dove i calciatori sono stati offesi, intimiditi e minacciati ricorrendo principalmente a cori (36%) e insulti verbali (22%). Fuori dagli stadi, le aggressioni ai calciatori avvengono anche in presenza dei figli. In alcuni casi persino vengono inseguiti e spogliati al termine della partita. “Tema delicato, sempre attuale che richiede sempre molta attenzione” – ha detto il Presidente FIGC Gabriele Gravina. “Purtroppo viviamo in quel tribunale pubblico che è il mondo dei social, dove i cosiddetti leoni da tastiera riescono a scatenare odio in tutte le direzioni. I numeri preoccupano anche se c’è una diminuzione degli atti di violenza dentro gli stadi, in questa stagione sono tornate modalità di aggressione verbale e fisica nei confronti dei singoli, fenomeno che va debellato in tempi brevi. Ci vogliono interventi mirati” – ha concluso Gravina.
I social network si confermano strumento per esercitare odio e violenza verbale e psicologica, ma anche circostanziate intimidazioni (9%). Dagli “auguri” di morte o di incurabili malattie alle minacce a famigliari. Solo in rari casi sono stati individuati e puniti gli haters, visto il frequente utilizzo di profili falsi. Alcuni calciatori hanno scelto di chiudere i propri profili social, considerato anche che questi sono stati usati come fonte per pianificare furti, rapine in casa o durante gli spostamenti per allenamenti o attività sociali. I calciatori di colore sono il primo bersaglio dei casi di razzismo (39%). Per i calciatori italiani, spesso l’insulto è legato alla provenienza dalle regioni meridionali. Nel 64% dei casi sono i tifosi avversari a rendersi autori degli atti. Eppure in un caso su 3 sono tifosi ‘amici’.