Nato a Ruvo di Puglia, Bellarte è oggi il ct della Nazionale italiana di calcio a 5, ovvero Futsal. Giocatore poi divenuto allenatore, la sua carriera è stata lunga ed è partita dal basso: questo è ciò che lo rende più orgoglioso. Guai a chiamare “calcetto” il calcio a 5.
Bellarte e il percorso nel Futsal fino alla Nazionale
Il calcetto con gli amici è un attività di svago che ha coinvolto intere generazioni, piace a tutti e mette tutti d’accordo. Tranne sul campo, dove si rischia in ogni partita di arrivare alla lite. Risolta subito appena tornati negli spogliatoi. Il Futsal è un’altra cosa. Molto più simile al basket che al calcio a 11, per alcuni fattori, il Futsal resta un gioco prima che uno sport ma non può essere chiamato calcetto. “Nella pallacanestro ci sono 5 giocatori così come nel Futsal, le dinamiche di squadra sono simili, come il modo di correre e cambiare direzione“. Così Massimiliano Bellarte ci introduce al Futsal, lui che lo conosce bene. Dopo averlo giocato ha iniziato a trasmetterlo da allenatore.
Dai campi regionali del suo paese è passato poi a Città Sant’Angelo vincendo Coppa Italia e Supercoppa con la squadra Acqua&Sapone. Dopo essere approdato all’estero, in Belgio, ha vinto campionato, Supercoppa e Coppa del Benelux. “Qui – ci racconta – mi sono adattato a livello culturale: all’inizio è stato difficile e questo può influenzare anche il modo di allenare. Lì convivono due federazioni: una che fa parte della Fifa e una dell’AMF. Quest’ultima, che viene dall’America Latina, è la federazione storica del calcio a 5. Con il passaggio alla Fifa è diventato Futsal ma l’AMF è sopravvissuta, rimasta per pochi adepti“.
Nazionale calcio a 5: una squadra di giovani
Dopo un’esperienza al femminile (Salinis), approda nella Nazionale a settembre del 2020. Arriva dopo un fallimento della maglia azzurra: la mancata qualificazione ai mondiali. Lui, con 4 vittorie consecutive, porterà invece la squadra nazionale agli europei attesi per gennaio 2022. “Non ho fatto tabula rasa del passato nonostante gli errori, perché la storia è importante. Ho voluto definire un nuovo cammino e un nuovo percorso a breve termine. Non subito di qualificarci ma piuttosto di creare un nuovo gruppo che fosse in grado di identificarsi dappertutto come una squadra nazionale” spiega Massimiliano. Molti giovani popolano l’Italfutsal e questo è parte della strategia di Bellarte.
Convocare i giovani può dare qualcosa al club. “Può dare la possibilità di creare un indotto, qualcosa di grande anche a livello comunicativo. Un giocatore del 2001 convocato in una squadra adulta stimola i giovani ad affacciarsi a questo sport e seguendo le gesta di un coetaneo”. Sui punti di forza della squadra il ct non ha dubbi: “pensare a questa fase come un processo di miglioramento costante, ogni raduno e ogni gara, ci rendono più forti e ci renderà pronti alla fase finale del campionato europeo“. Questo è ciò che deve accadere ad ogni partita che si perde, usarla come occasione di apprendimento. Ma quando si parla di sconfitte Bellarte, ci tiene a chiarire “Quando si vince è la squadra a farlo, e a coinvolgere eventualmente l’allenatore. Quando si perde, perde l’allenatore“. E questa è la cosa più vincente che abbiamo mai sentito.