Ludovica Brandi è una giocatrice di pallavolo, che da ormai un anno mette le sue capacità sportive al servizio del VolleyLugano. Con la società svizzera ha fatto il grande passo tra i professionisti. La stagione andava a gonfie vele finché non è arrivato il lockdown. Ma Ludovica non è solo pallavolo: abbiamo fatto due chiacchiere con lei (a distanza) per conoscerla meglio e per cercare di capire come gli atleti stanno vivendo questo difficile periodo.
Ludovica Brandi tra pallavolo e filosofia
22 anni di Milano, Ludovica si è trasferita in Svizzera per realizzare il suo sogno: “Sapevo che a Lugano avevano bisogno di un centrale giovane. Mi sono proposta ed è andata bene”. Meno di 80 chilometri separano Lugano dal centro di Milano: non è un trasferimento poi così arduo. Per la pallavolista Brandi però, è stato un passo da gigante: “fino alla stagione precedente nemmeno immaginavo di poter arrivare a giocare da professionista”. Un passo che segna un’importante svolta nella carriera di qualsiasi atleta ma che porta con sé responsabilità e carichi di lavoro superiori. ”La pallavolo fa parte della mia vita. – ci dice Ludovica – Nonostante sacrifici, difficoltà, notti insonni per lo studio, non ho mai pensato di smettere”.
Lo studio: la seconda passione di Ludovica Brandi è la filosofia. Un interesse che ha deciso di coltivare: “L’ultimo anno di Liceo mi sono appassionata alla filosofia. Amo le materie umanistiche e mi rendo conto che l’accostamento filosofia-pallavolo possa sembrare strano”. Incuriositi da questo binomio, le abbiamo chiesto quale delle due discipline l’abbia influenzata di più. “Tra studio e sport è sempre stato 50 e 50, mi sono dedicata un pochino di più allo sport, consapevole che poi avrei passato la notte sui libri. La Ludovica filosofa e la pallavolista –prosegue – si sono cresciute a vicenda. Con lo sport ho appreso come si sta in gruppo, lo spirito di sacrificio e la disciplina. Lo studio mi ha aiutato a fissare degli obiettivi personali, a vedere le cose in maniera differente e a capire come ognuno possa essere utile alla squadra”.
Il momento sportivo
Con i campionati di volley sospesi e che (ormai è ufficiale) non vedranno una fine, ci siamo chiesti come se la vive un’atleta. “E’ stata molto dura – racconta Ludovica -. Un mercoledì eravamo pronte per allenarci e all’ultimo ci hanno bloccate. Due giorni dopo ci hanno comunicato che il campionato era annullato. Avevamo molte aspettative per il finale di stagione”. Il VolleyLugano ha concluso il campionato in sesta posizione e al momento della sospensione, si preparava per i play-off. Ludovica ha il doppio compito di affiancare le compagne della prima squadra e sostenere le più giovani. La seconda squadra, infatti, milita nella serie C svizzera e al momento del lockdown era in piena corsa per la promozione. “Le ragazze della seconda squadra sono molto giovani e stavano per conquistare la Serie B: erano affrante”. Lo sport prima o poi riprenderà, ma con molte misure restrittive: palazzetti e stadi vuoti saranno la norma.
“Giocare una partita senza tifosi è strano, disputare così un intero campionato sarebbe surreale. Si può chiedere a una squadra di non festeggiare un punto, o abbracciarsi a fine gara? Spero che il gioco non abbia grossi cambiamenti, ma come cambierà la vita di tutti i giorni, cambierà di conseguenza anche lo sport”. Mentre per il calcio l’ipotesi della riapertura del campionato si fa sempre più pressante, la pallavolo italiana è stata tra le prime federazioni a chiudere tutto e annullare i campionati. Due pesi e due misure per atleti e sport differenti ma che dovrebbero essere sullo stesso piano. “La cosa giusta in questo momento era sospendere tutto, ed è stato fatto. Si hanno notizie diverse di settimana in settimana. Il rischio 0 non c’è – ammette Ludovica – ma ci sono altre cose da considerare. Non so quante società possano tutelare realmente i propri atleti o quanti di loro sarebbero disposti a rischiare la propria salute”.
La pallavolo Italiana
Parlando di lockdown e cattive notizie, anche le olimpiadi sono state rimandate. Da quel entusiasmante e amaro argento di Rio, la nostra pallavolo ha segnato successi sia a livello di club che di nazionale. Fino a giungere alla qualificazione a Tokyo2020. “Tutti abbiamo notato l’evoluzione della pallavolo italiana, – racconta Ludovica Brandi senza riuscire a nascondere l’entusiasmo – è bello che a livello internazionale quello italiano sia tra i campionati più prestigiosi anche considerando la Nazionale”. Una cosa è certa: la nostra pallavolo è ai vertici mondiali ormai da decenni. Con alti e bassi, certo ma questo è lo sport. Un movimento che ha saputo crescere a livello sportivo e comunicativo, attirando sempre maggiori sponsor. Senza però tradire mai la sua natura, che è fatta di palestre scolastiche, palazzetti e piccoli centri.
Come ci spiega anche Ludovica, “la pallavolo italiana vive spesso dei piccoli comuni, oltre che nelle grandi città”. Tra le squadre più blasonate ci sono Civitanova, Perugia, Modena. L’Imoco Volley, che ha vinto il mondiale femminile per club, gioca le sue partite casalinghe a Conegliano (Treviso), comune di 35mila abitanti. “Queste squadre vivono dell’affetto dei tifosi e del legame con il territorio. Rappresentano spesso il maggiore se non unico polo di aggregazione sociale” conclude Ludovica Brandi, augurandosi (insieme a noi) che sia proprio da queste società, dai piccoli centri che lo sport possa ripartire. Obiettivo? Tokyo2020 (nel 2021).