Kevin Schwantz, campione del mondo della Classe 500 nel 1993, ha parlato dei suoi anni di Motomondiale in una bella intervista pubblicata su MotoSprint. Ha anche dichiarato di ammirare lo stile di guida di Max Biaggi.
Tante vittorie, inseguendo il titolo mondiale. Sempre sulla sua Suzuki
Tra le leggende del motociclismo della prima parte degli anni Novanta, non si può non includere Kevin Schwantz. Nel periodo in cui la Classe 500 parlava l’inglese – a dominare erano australiani e americani – il pilota di Houston ha avuto il merito di riuscire a distinguersi da tutti gli altri protagonisti per alcune caratteristiche che lo hanno reso unico. Innanzitutto, il fatto di aver rappresentato il punto di riferimento della Suzuki, con cui ha corso nella Classe Regina per dieci stagioni consecutive, dal 1986 al 1995. Ma è stata soprattutto la sua impressionante abilità in frenata a renderlo famoso nel mondo delle due ruote: “Quelli della Honda a un certo punto cercarono di capire come mai la nostra moto fosse così forte in staccata, – ha raccontato il pilota statunitense in un’intervista esclusiva pubblicata sul settimanale MotoSprint – e sapete quale fu la conclusione? Che ero io, il motivo”.
La prima stagione completa di Schwantz nel Motomondiale fu il 1988. L’americano vinse la gara d’apertura a Suzuka, riuscì a ripetersi più avanti (nel sesto round) al Nurburgring e terminò all’ottavo posto in classifica. Ma fu il 1989 a permettergli di fare il definitivo salto di qualità: Kevin vinse sei GP e concluse altre tre volte al secondo posto nelle nove gare portare a termine durante la stagione. Ma non fu abbastanza, perché Eddie Lawson, arrivando quattrordici volte al traguardo – con quattro vittorie e tredici podi – ottenne molti più punti del suo avversario: “Ci furono sei ritiri. Quell’anno avevamo probabilmente la miglior moto del lotto, – ha spiegato Schwantz – ma la mia RGV si ruppe per due volte mentre ero in testa. In Spagna, poi, ero primo con del margine e caddi a cinque giri dal termine”. Furono gli errori e la sfortuna a fermarlo, ma avrebbe avuto tempo per rimediare.
Il sogno Yamaha e l’ammirazione per Max Biaggi
Perso il titolo nel 1989 – in realtà, a causa dei tanti ritiri, Schwantz fu solo quarto in classifica – il pilota americano avrebbe sognato il passaggio dalla Suzuki alla Yamaha. Voleva sfidare ad armi pari l’altro fenomeno a stelle e strisce, quel Wayne Rainey che avrebbe conquistato il successo nei tre anni successivi. Ma non ci furono le condizioni per farlo: “Mi dissero che la mia disponibilità li lusingava, ma nel team ufficiale non c’era spazio per me. Mi avrebbero collocato in un’altra squadra. Così restai in Suzuki”. Schwantz riuscì comunque a contendere il titolo del 1990 a Rainey, vincendo cinque delle sette gare tra il quinto e l’undicesimo round. Ma ancora una volta fu costretto ad accontentarsi di aver disputato un ottimo campionato, senza poter festeggiare la vittoria finale. Sarebbero arrivate altre cinque vittorie nel 1991, ma ancora una volta inutili nella corsa all’alloro iridato.
La rivalità con Rainey raggiunge il suo apice nel 1993. Kevin trova finalmente continuità, e ottiene nove podi nei primi nove GP. Wayne insegue, poi ribalta la situazione grazie ai 45 punti – contro gli 11 del rivale – ottenuti tra decimo e undicesimo round. Il campionato verrà deciso dalla gara di Misano, l’ultima della carriera per il pilota di Los Angeles: un grave incidente lo porterà alla frattura della colonna vertebrale e la conseguente paralisi alle gambe. Schwantz si ritroverà tra le mani un campionato che avrebbe certamente preferito vincere in un altro modo. Kevin si ritirerà nella prima parte del 1995: il più grande “staccatore” della storia della 500 lascerà spazio a piloti che faranno della scorrevolezza il loro punto di forza. Come quel Max Biaggi che avrebbe imparato ad ammirare: “Se proprio devo scegliere la qualità di un altro pilota, direi lo stile di guida di Max Biaggi”.