Gennaro Lendi è campione mondiale di Reining e addestratore degli equini. Insieme a lui, Andrea Cepparulo cavaliere e addestratore. Con loro abbiamo approfondito il rapporto tra fantino e cavallo ma soprattutto questa disciplina equestre che nasce in America e deriva dai cowboy.
Reining: quando il fantino diventa capobranco
Tradotto letteralmente significa “lavorare di redini”, il reining nasce in America circa 70 anni fa come evoluzione del lavoro dei cowboy che facevano nei ranch, quando dovevano dividere una mandria per marchiare i vitelli. “Ne sono venute fuori delle manovre che oggi fanno parte di questo sport” ci spiega Gennaro. “Le manovre che vengono eseguite nell’arena durante un percorso (o pattern) sono lo sliding stop, una scivolata al galoppo che consiste nell’accelerazione dell’animale sul rettilineo che poi si ferma bruscamente con la gambe posteriori trascinandosi con quelle anteriori”. Una sorta di frenata in corsa per rendere l’idea. “Questa è la manovra più spettacolare di questa disciplina” afferma il cavaliere. Le altre manovre sono gli spin (delle pirouette del cavallo), cerchi a diverse velocità e grandezze, cambi di galoppo, back e rollback. Una gara ha 12 percorsi e ogni percorso ha sequenze di manovra differenti.
Gennaro Lendi ha vinto il campionato mondiale del 2016 in Svizzera che si è tenuto nella tenuta di Michael Schumacher. “Lì vinsi la medaglia d’oro nella gara individuale. Nei campionati mondiali c’è una gara a squadre, ogni squadra è composta da 4 cavalieri e poi ogni cavaliere disputa una gara individuale“. Nella gara emerge il rapporto che si crea durante l’addestramento. Non si gareggia da soli, si crea una squadra col cavallo. L’obiettivo dell’addestramento è infatti entrare in simbiosi con l’equino. “Al netto delle medaglie vinte la più grande soddisfazione è poi quando si capisce che si è diventati un tutt’uno col cavallo“. Per raggiungere questi risultati la strada non è breve. I cavalli sono animali branchiali, quindi la prima regola non è porsi come padrone ma come leader, come capobranco.
L’addestramento ha 2 fasi e richiede un approccio d’amore:
Andrea Cepparulo spiega come sia fondamentale porsi come capobranco al fine di portare il cavallo a fare quello che gli insegni e trasmetti felicemente, non vivendolo come ordine. “Addestro i cavalli con una doma che viene chiamata naturale perché si riproduce una situazione relativamente naturale, in cui ti fai seguire dal cavallo senza costringerlo ma diventandone leader. Facciamo fare ai cavalli esercizi che li stimolano dal punto di vista cognitivo. Noi vogliamo armonizzare il loro carattere senza cambiarlo. Ci sono schemi comportamentali anche nei cavalli che li rendono più o meno adatti per fare una cosa o un’altra. Questo vale anche fisicamente. Per esempio il Quarter Horse è una razza che fisicamente per le sue proporzioni fisiche si presta di più al reining.” spiega il fantino.
Gennaro infine ci illustra le 2 fasi dell’addestramento chiarendo che in questo percorso il rapporto tra fantino e cavallo si può paragonare a quello tra alunno e maestro. “E’ un rispetto reciproco perché io per primo li rispetto e loro riconoscono in me un capobranco. Così come un insegnate più carismatico attira il rispetto e l’affetto di un alunno” precisa Lendi. Infatti nella prima fase di addestramento il fantino deve rendere interessante il suo metodo affinché il cavallo sia felice di seguirlo in quanto guida. Assodato ciò la seconda fase include sessioni di 50 minuti per 5 volte a settimana. Dopo un anno e mezzo il cavallo affronterà la gara a due mani nella prefuturity, qui si testano i cavalli che andranno alla futurity, dove le gare sono a una mano. Sono due anni il tempo medio affinché si possa accedere alla futurity. “Quando il cavallo impiega 6/7 minuti per fare tutte le manovre la squadra è pronta per la gara” conclude Gennaro.