Daniele Petrucci la storia di un pugile di borgata

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In un modo tutto suo, Daniele Petrucci incarna i valori più autentici dello sport. L’autenticità stessa di ‘Bucetto’, così era conosciuto sui ring di tutta Europa, ne fanno un esempio di sport popolare. Classe 1980, nato e cresciuto in borgata San Basilio, a Roma, è arrivato ai vertici del pugilato internazionale per poi cadere e rialzarsi. Senza mai dimenticare le proprie origini. Lo abbiamo incontrato in palestra, nel suo regno, dove si occupa di tutto: dal crescere giovani campioni a tagliare l’erba del cortile.

Daniele petrucci boxer
Daniele Petrucci

Daniele Petrucci, il maestro Bucetto

Abbiamo incontrato Bucetto nella palestra dove ora allena. La palestra Boxe Roma Carlo Maggi, si trova oggi a pochi chilometri da San Basilio, sua sede storica. “Siamo stati lì dal ‘92 al 2002” ci racconta Daniele Petrucci, “poi si sono ricordati di mandarci via”. La sala con il ring nel centro, si trova all’interno di un edificio scolastico. Qui si allenano ragazzi di ogni età, molti sono dello stesso quartiere, altri frequentano la stessa scuola. Altri invece sono pugili più maturi, professionisti o lavoratori: “qui tutti sono uguali; quando sono qui dentro vengono trattati tutti allo stesso modo”. 

Daniele oggi ha passato i 40 anni e una discreta esperienza sulle spalle. Esperienza sportiva e di vita che cerca di tramandare ai propri allievi. Proprio come il maestro Carlo Maggi fece con lui. “Lui era un allenatore tosto, mi veniva a prendere a casa. Non permetteva di saltare un solo allenamento. Mi ha tenuto lontano dalle distrazioni della borgata e concentrato sul pugilato: anche se a me non piaceva allenarmi. Anzi, mi faceva proprio schifo”. La schiettezza di Daniele Petrucci ne fa sicuramente un maestro apprezzato dai suoi allievi. Si legge nel volto di tutti un mix di rispetto per l’atleta e affetto per l’uomo.

Bucetto dalla borgata al tetto d’Europa e ritorno

Nella sua carriera da professionista, Daniele Petrucci ha disputato 23 incontri, pareggiandone uno e vincendo tutti gli altri, 9 dei quali per K.O.. Ha conquistato il titolo intercontinentale, quello italiano nel e il titolo europeo dei Welter nel 2008. Sempre con lui nel suo angolo, i maestri Carlo Maggi e Sergio Calì che “ormai era diventato un tris fisso: Petrucci, Maggi, Calì”. I tre titoli conquistati uno in fila all’altro, avevano aperto le porte e le speranze mondiali di Bucetto. Ma la vita del pugile è dura. I cazzotti, come direbbe Daniele, li prendi sia dentro che fuori dal ring. Fare il pugile non è facile per nessuno ma in borgata è ancora più dura perché si aggiungono anche le difficoltà proprie della periferia.

La boxe non ti fa vivere. Quando mi allenavo, lavoravo anche in cantiere. Mi svegliavo tutte le mattine, due ore di allenamento, cantiere, poi di nuovo allenamento. Doccia, cena e a letto. Non poteva esistere nient’altro”. La vita prima o poi però bussa e chiede il conto. E “il corso naturale della vita”, come lo definiva il maestro Maggi, ti porta a smettere. “Ero stanco di tutto – racconta oggi Daniele Petrucci -. Non mi andava più di allenarmi, di saltare ferie e feste. Non mi andava più di sacrificare tutto per niente, o per molto poco”. La vita ha portato così Bucetto su strade che era riuscito a evitare, per poi ritrovare proprio nel pugilato la sua ragione di vita.

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