E’ stata ufficializzata la decisione della FIGC a termine di un iter iniziato nel 2020 di rendere professionistico il calcio femminile. E’ definitiva la decisione che partirà dal 1 luglio 2022, e che potrebbe essere apripista per le altre 44 federazioni
Calcio femminile: il professionismo un un obiettivo atteso
Ci sono cose che sulla linea del tempo rimangono uguali per anni, secoli. Poi ad un tratto arriva la svolta, l’anno zero che cambia tutto e segna un nuovo corso. Per il calcio femminile quella svolta, decisa oggi, arriverà ufficialmente il 1 luglio 2022, quando diverrà professionistico. Un iter iniziato nel giugno 2020 con la delibera del consiglio federale, portato a compimento dopo un lungo e prezioso lavoro fatto in questi mesi dalla Divisione calcio femminile, le società, gli uffici federali. Con l’approvazione in consiglio delle ultime norme disciplinari è diventato realtà, diventando definitivo. “Oggi siamo la prima federazione in Italia ad avviare ed attuare questo importante percorso. C’è stata qualche piccola resistenza della Lega di A che riteneva di proporre un rinvio ma poi abbiamo raggiunto un accordo. Non si poteva tornare indietro. Quando si delibera qualcosa bisogna essere coerenti” Con queste parole, il presidente della Figc Gabriele Gravina ha commentato le modifiche normative votate nel consiglio federale odierno.
Un bel giorno per il calcio italiano. La Federcalcio nasce nel lontano 1898 e da allora mai una donna aveva avuto accesso al professionismo. Oggi che sarà riconosciuto il sacrosanto diritto sancito dalla Costituzione di essere professionisti al pari degli uomini è una data importante. Infatti, la FIGC è la prima federazione a riconoscere e a pareggiare questi diritti. La prima federazione italiana s’intende, perché negli altri paesi questo passaggio è avvenuto tempo fa. Come spiega Carolina Morace “Il modello inglese non prevede un passaggio dilettanti-professionisti ma c’è un progetto diverso dietro. Un progetto che prevede l’allargamento alla base: formazione della giocatrice, il marketing commerciale. Quindi me lo aspettavo e ci credevo a questo risultato perché insomma negli altri paesi è successo ma aldilà della Legge Nannicini che consentirà per due anni il professionismo femminile bisogna che resti una realtà sostenibile anche nel futuro questo cambiamento” ha commentato l’allenatrice.
Katia Serra: “E’ solo l’inizio”
Insomma non un traguardo, ma un punto di partenza. Un anno zero, appunto. “Per chi non segue i lavori è stato qualcosa di inaspettato, per chi segue da tempo è il completamento di un percorso lungo. Un periodo per cambiare le noif, e gettare le basi da un punto di vista pratico. Finalmente le bambine sanno che se faranno la Serie A potranno scegliere il calcio come mestiere propriamente detto.” Sono le parole di Katia Serra responsabile Associazione Italiana Calcio Femminile. Katia spiega inoltre cosa cambia effettivamente da giugno in poi. “Cambia che se prima ti facevi male, l’infortunio era coperto da piccole assicurazioni, ora sarà coperto dall’Inail. Anche la futura pensione ne terrà conto. Nello sport bisogna considerare l’ipotesi di potersi fare male. Poi l’altro aspetto è la pensione stessa. Quando si gioca in serie A una stagione è un anno di lavoro, e come tale è giusto che venga trattato e riconosciuto.“
Questo cambiamento cambia le carte in tavola a 360 gradi, anche per le società. “ Le società anche ora hanno un patrimonio: le giocatrici e le tecniche hanno un valore di mercato, così nello spostamento da un club all’altro si potrà monetizzare. Senza ripetere gli errori del calcio maschile. Si deve attingere al suo know how per la storia più lunga che ha ma è necessario che il femminile venga gestito ed organizzato potenziando le proprie specificità. Per i primi due anni ci sarà il fondo del Governo poi si devono essere risorse per dare stabilità a questo cambiamento. Il coinvolgimento e l’interesse per il calcio femminile è cresciuto. Questa crescita va sostenuta. Così come sta facendo la Uefa che da giugno ha introdotto criteri legati al calcio femminile come l’obbligo per i club maschili di avere il settore giovanile femminile o la squadra femminile.” conclude la Serra.