In occasione del Mid-Season Invitational il giocatore belga Nisqy è stato immortalato sorridente dopo la sconfitta contro i T1, venendo accusato di non avere una mentalità vincente. Per cercare di comprendere davvero cosa rappresenti e cosa significhi questo termine e in che modo andrebbe declinato, abbiamo raccolto la testimonianza di Samuele Massarenti, ospite nella puntata settimanale di Studio League su Atleta TV.
Il caso Nisqy
Il contesto dell’argomento nasce in occasione del primo match dei Mad Lions al Mid-Season Invitational 2023, il primo evento internazionale della stagione di League of Legends. Presentatisi come campioni del campionato europeo Lec, il sorteggio ha posto i Mad Lions contro la seconda squadra coreana, i T1. Nonostante degli ottimi primi 15 minuti nel Game 1, i Mad Lions sono crollati da quel momento in poi, perdendo non solo quel game ma anche i due successivi.
Il match si è quindi concluso per 3-0, con il terzo terminato in appena 16 minuti e 50 secondi, diventando il secondo game più veloce di sempre nella storia dell’Msi. Immediatamente dopo la sconfitta, inquadrato dalle telecamere, Yasin “Nisqy” Dinçer si sarebbe lasciato andare a un sorriso, mentre i suoi compagni di squadra erano presi dallo sconforto. Uno dei caster della diretta spagnola e il conduttore di una nota trasmissione esportiva si sono immediatamente scagliati contro il comportamento del giocatore, additato come “perdente”.
Cos’è la mentalità vincente?
Ma basta un minimo sorriso a condannare un giocatore? A indicarlo come menefreghista del risultato del suo team? O è magari una reazione, differente per tutti, a una sconfitta? Su questo aspetto Samuele Massarenti, head coach specializzato in mental coach conosciuto come “Masti” (già ospitato su Atleta News), ha le idee molto chiare. “Il tutto ha in realtà una risposta banale. Questo è semplicemente il modo di Nisqy di reagire, un modo che le persone usano per sdrammatizzare una sconfitta o un evento negativo. Per mantenere anche alta l’attenzione per gli impegni successivi”.
Ciò però non significa che questa sia la reazione migliore e bisogni invece condannare chi si intristisce o ha reazioni di carattere negativo. “Ognuno di questi due approcci, contrapposti in modo polarizzante, ha sia lati negativi che positivi. Il segreto non è abbracciarne uno o l’altro, ma saperli gestire nel miglior modo possibile”. Come una persona reagisce dipende ovviamente dalla propria attitude, ovvero dalla predisposizione personale nel reagire a determinati avvenimenti. “Non solo, l’attitude, la reazione di un giocatore, è totalmente scollegata dall’avere una mentalità vincente o perdente. Per cui le accuse verso Nisqy sono del tutto prive di fondamento”.
L’analisi post-game: quanto è importante
Ciò che traspare dalle dichiarazioni di Masti è che l’aspetto importante su cui lavorare non è tanto la reazione immediata al termine di un match ma quella nelle ore successive. È infatti necessario evitare che si inneschi un meccanismo di abbassamento dell’attenzione, puntando al reset di quanto accaduto. “L’arrabbiarsi o il sorridere dopo una sconfitta non è necessariamente sintomo di mentalità da perdente. È ciò che viene dopo che conta: se quelle prime reazioni si trasformano in un miglioramento, in un maggior focus sul proprio allenamento e lavoro, allora è winning attitude. Chiudersi in sé stessi, ad esempio, non è la mossa migliore”.
È proprio su questi che quindi si concentra il lavoro di un mental coach all’interno della squadra. Si tratta di una figura sempre più presente e ricercata nelle varie organizzazioni esportive, oltre che in quelle sportive tradizionali. Che non è solamente uno psicologo. “Dipende moltissimo dal lavoro che bisogna fare”, ha raccontato Masti. “Oggi si usa molto anche il termine personal coach, che punta molto sulla singola persona, anziché sul gruppo come entità. Ci si sta rendendo conto, insomma, che non si può investire solo su un insieme di persone per aumentare la sinergia di un team competitivo. È necessario farlo anche sui singoli individui per trarre da ognuno il massimo possibile”. Individuo sano in un gruppo sano, potremmo dire.