C’è a chi piace potente, c’è a chi piace preciso e c’è a chi piace elegante. Il rovescio rappresenta uno dei colpi più temibili del Tennis, un colpo efficace, potente e puramente tecnico. Nonostante queste qualità, ogni tennista durante l’apprendimento si pone un quesito alquanto ricorrente oggigiorno: è meglio il rovescio a due mani o il rovescio a una mano? Una domanda apparentemente semplice, eppure, uno dei temi più scottanti per chi pratica e apprende il Tennis.
Nei secoli, questa disciplina si è evoluta tantissimo e con lei anche i materiali che costituiscono la racchetta, la palla e le superfici di gioco. Proprio questi cambiamenti hanno dato vita a numerosi “stili” di gioco, adatti soprattutto alla personalità dell’atleta stesso. Partiamo proprio da qui, analizzando i rovesci più temuti e famigerati nella storia del Tennis contemporaneo, evidenziando poi in seguito pro e contro delle due tecniche.
Il rovescio di Borg: la causa dello scisma
Ogni tennista conosce la leggenda del temibile Bjorn Borg, l’atleta svedese che nel decennio ‘73-’83 contribuì a scrivere la storia del tennis con 11 titoli vinti. Oltre alla storica rivalità con John McEnroe e Jimmy “Jimbo” Connors, Borg ci ha lasciato in eredità due colpi che utilizziamo frequentemente nella disciplina moderna: il Top Spin e proprio il rovescio a due mani.
Il primo prevede di colpire la pallina nella parte alta, imprimendo una notevole accelerazione; mentre il secondo, ritenuto grezzo e poco elegante dai puristi, fu disprezzato fin da subito. Con la sua ferocia e con il suo stile, Borg è riuscito a dimostrare l’utilità di questo colpo sulle risposte potenti e sui rimbalzi ravvicinati. Altri grandi giocatori successivi a lui hanno adottato e migliorato questa tecnica. Tra i più noti, Andre Agassi, Jim Courier, Andy Roddick e Rafael Nadal.
Roger Federer: eleganza e tecnica
Inutile dilungarsi in troppe presentazioni, Roger Federer è un pilastro del Tennis moderno. I suoi colpi si basano sempre su una tecnica perfetta ed elegante, con una impostazione classica rivisitata in chiave moderna. E’ dotato di una spaventosa capacità di lettura e anticipazione dell’avversario, che gli permettono di poter giocare sull’astuzia invece che sulla forza, sbalordendo ogni avversario con colpi e risposte inaspettate.
Il suo rovescio ad una mano, ormai un marchio di fabbrica, è stato apprezzato da un altro pilastro degli anni ‘90, il suo amico e avversario Pete Sampras: “Utilizza questo colpetto leggero di rovescio che non ho mai visto prima: un qualcosa che mi manca”. Molti altri sono i giocatori che prediligono l’uso del rovescio ad una mano, tra i più noti: John McEnroe, Boris Becker e lo stesso Pete Sampras.
Rovescio a una o due mani: pro e contro
Il rovescio a due mani viene solitamente insegnato per primo, data la semplicità e la fermezza che solo una seconda mano può dare. Esistono due impugnature basilari per questo colpo ma sono facilmente modificabili a discrezione dell’atleta. Utilissimo per contrastare servizi rapidi e rimbalzi ravvicinati, il rovescio a due mani è vulnerabile ai tiri al volo.
Il rovescio ad una mano è più difficile da apprendere. Richiede il cambio completo dell’impugnatura, un impatto pulito all’altezza giusta e fermezza di polso per poter imprimere tutta la propria forza. Data l’apertura più ampia, senza altri arti che limitano il movimento dell’atleta, la palla avrà una maggiore velocità in uscita ma anche un minor controllo se non si esegue il colpo perfetto. E’ vulnerabile in risposta al servizio e ai rimbalzi ravvicinati. E’ invece più indicato per i tiri al volo e per effetti di Slice e Backspin.
In conclusione, seppur il rovescio ad una mano viene giudicato il colpo originale e stilisticamente più bello, giocare a due mani nel tennis moderno sembra essere più consigliato, sia per la semplicità di esecuzione del colpo, sia per la forza che si riesce a imprimere. Nonostante ciò, ci auguriamo che il lettore possa trovare il suo stile e che questo breve articolo sia servito a portare un po’ di aria fresca al suo gioco.
Scritto in collaborazione con Nicolò Masini