Da prestiti, scambi riparatori o semplici cessioni a colpi importanti che raddrizzano una stagione. Il mercato di gennaio ha cambiato format, diventando un’autentica campagna acquisti. In Italia, nell’inverno 2020 spesi circa 300 milioni, in Premier quasi 400. Vlahovic esempio perfetto, ma come dimenticare Desailly e Seedorf.
Grandi colpi, tanti milioni e non più acquisti da ‘rattoppo’. Decisivo il fiuto di dirigenti e talent scout
C’era una volta il mercato di riparazione, descritto spesso come una ‘sosta ai box’ dove l’obbiettivo era cambiare qualcosa, spostare un paio di pedine e mettere dei rattoppi alla rosa. Nelle ultime stagioni, però, l’antifona è ‘cambiata’. La sessione invernale non è più una finestra ‘riparatrice’, ma si è trasformata in un’autentica occasione per cambiare le carte in tavola e ribaltare le sorti di un campionato. Le annate appena trascorse lo confermano. Nel mercato di gennaio si spende tanto. Caccia al colpo milionario. Basti pensare che, in Serie A, nel 2020 sono stati spesi circa 300 milioni (record di sempre per la finestra invernale) e lo scorso anno si è toccata quota 220. Cifre assurde confrontate con quelle di qualche decennio fa. Certo, il calcio è cambiato e i prezzi sono lievitati, però è oggettivo che il mercato di gennaio abbia acquisito maggiore rilevanza sia per le sorti di un’intera stagione, sia in prospettiva futura.
Molti club scelgono di anticipare le operazioni, andando ad acquistare giovani campioni o top player già nel periodo invernale. Obiettivo sbaragliare l’agguerrita ‘concorrenza estiva’. Ha fatto così il Real Madrid, acquistando per 72 milioni il 16enne brasiliano Endrick. Simile l’operazione che, lo scorso gennaio, fece la Juventus, assicurandosi il cartellino di Vlahovic per 81 milioni. Il serbo sarebbe andato in scadenza con la Fiorentina e visto che mezza Europa era già su di lui, ha preferito bruciare i tempi e portarlo a Torino. Stessa situazione l’anno precedente. Sempre i bianconeri sborsarono a gennaio oltre 40 milioni per Kulusevksi, che, però, si rivelò un flop. Rispetto alla finestra estiva, il mercato di gennaio dura, solitamente, un mese. Tempi brevi per agire. Decisive sono rapidità ed efficienza di dirigenti e talent scout. Ne sa qualcosa Marotta che, in due sessioni, all’Inter portò gente come Eriksen (decisivo per lo scudetto 2021) e Gosens.
Mercato di gennaio, cambiamento in atto. Non più riparazione, ma investire in prospettiva
La finestra invernale, quindi, da qualche anno, sta indossando l’abito da ‘compravendita scoppiettante’, dove non acquistano solo piccoli club, intenti a rattoppare la rosa per non retrocedere, ma anche le grandi squadre. Nelle ultime sessioni, le società si muovono con logica, non ‘tanto per’, ma anticipando le mosse di giugno. Con fairplay finanziario e budget cap, i soldi non vanno solamente spesi per mettere una toppa, ma immaginando anche un ritorno. Tornando all’Inter, si è mosso in questo senso Marotta. Il D.s ha anticipato l’acquisto di Gosens, avendo già fiutato il ‘no di Perisic’ al rinnovo di contratto. Sullo stesso binario ha viaggiato il Milan che, nelle prime settimane del 2021, con invidiabile lungimiranza portava a San Siro uno dei migliori difensori in circolazione, Tomori, evitando così eventuali rincari sul cartellino.
A quanto pare, un mercato invernale ricco quello in Serie A, ma mai come in Premier League. Nell’ultima finestra in terra inglese, si è toccata quota 350 milioni. Soldi quasi infiniti per il ‘circuito calcistico britannico, che ha fatto registrare il suo massimo nel 2018 con circa 500 milioni complessivi sborsati dai club. Per capirci, lo scorso anno in Germania, durante il mercato estivo (dove solitamente si spende parecchio), sono stati sborsati 440 milioni. Fate voi le dovute proporzioni. In questo vortice ‘mangia soldi’ che è diventata la Premier, rientra anche l’affare più costoso di sempre fatto a gennaio, il difensore Virgil Van Dijk. Il Liverpool pagò l’olandese 85 milioni, bruciando lo United. Per la cronaca, il 31 gennaio 2018, ultimo giorno della sessione invernale, in Inghilterra si spesero 170 milioni. In sole 24 ore.
I migliori affari. Davids, Salah e il diamante Desailly. Attenti ai flop
Se ‘giocata’ al meglio, questa sessione invernale può avere un notevole impatto sia sulle finanze di una squadra che sulle dinamiche della stagione. Ne sa qualcosa Adriano Galliani, dirigente specialista in colpi last-minute e occasioni vantaggiose. L’ex ‘uomo mercato Milan’ era capace di piazzare operazioni quasi impensabili negli ultimi giorni di mercato. I famosi ‘giorni del condor’: “Basta avere pazienza. Ad inizio mercato i prezzi lievitano, invece, se sai aspettare, nelle ultime ore cifre e richieste si abbassano”. Storico fu il colpo del 1993, Marcell Desailly. Il francese doveva essere un rincalzo nel Milan dei campioni, ma si prese la scena vincendo campionato e Champions. Un altro rattoppo di gennaio che è diventato campione è stato Seedorf. L’olandese all’Inter non riuscì a convincere, finendo per essere scambiato con Coco. Il resto è storia (del Milan). Sulla stessa scia viaggia Edgar Davids. Panchinaro con i rossoneri, la Juve lo prese per una cifra irrisoria. A Lippi serviva un gregario a centrocampo. Divenne inamovibile.
E per la serie ‘gioielli sconosciuti’, come dimenticare Momo Salah alla Fiorentina? I viola lo scambiarono alla pari con Cuadrado nel 2015. In pochi mesi spaccò la Serie A, per poi passare alla Roma e al Liverpool dove si è definitivamente consacrato. Si potrebbero citare altrettanti affari di questo tipo, ma oltre alle occasioni d’oro, ci sono stati anche molti flop. Non vogliamo abusare dell’ormai ‘stracitato’ JosèMari al Milan, ma vi facciamo tornare alla mente un certo Andy Carroll. Ariete sfonda porte, tra il 2010 e 2011 segna a valanga nel Newcastle. Il Liverpool si accorge di lui e lo acquista alla deadline di gennaio, pagandolo 42 milioni per sostituire così Fernando Torres volato al Chelsea. Ai reds Carroll sarà una meteora. Solo 11 gol in 58 match. Tra le cifre folli di gennaio, come non parlare dei 160 milioni spesi dal Barça per accaparrarsi Coutinho. In Catalogna il brasiliano non si ambienterà mai. Fa da eco il portoghese Maniche, arrivato all’Inter nei primi giorni del 2008 come pupillo di Mourinho e rispedito al mittente da Moratti dopo neanche 6 mesi.